ILLUMINISMO, BECCARI E GOLDONI

 

ACCADEMIA DELL’ARCADIA: Il 600 è caratterizzato dalla nascita di accademie, alcune si trovano sotto la protezione dei signori, altre sono associazioni autonome di intellettuali, un’accademia importante che segna il passaggio tra Barocco e Illuminismo è l’accademia dell’arcadia che nasce a Roma ma ci sono colonie in tutte le parti di Italia e i fondatori sono Crescimbeni e Gravina. Il termine Arcadia deriva dal greco e indica una regione greca dove la natura è incontaminata, perché regna il dio Pan, dio dei boschi e protettore dei pastori. Il posto dove si riunivano gli intellettuali, veniva detto Bosco Parrasio e nell’accademia il presidente veniva detto custode, i membri venivano detti pastori e ognuno di loro prendeva il nome di un pastore arcadico, mentre venne nominata Basilissa (ovvero regina) Cristina di Svezia. La figura di Pan all’interno dell’accademia è simbolica perché viene rappresentato con uno strumento, detto Siringa. L’accademia rifiutava i gusti molto artefatti e bizzarri del Barocco e lo stile che propone è chiaro ed elegante, più verosimile. Si svilupparono due correnti, quella di Crescimbeni che sosteneva Petrarca come modello di poesie, e Gravina che invece sosteneva il classicismo così come Pietro Metastasio, che riprende l’opera lirica e la trasforma dando spazio alla musica e ai temi mitico-storici del mondo latino e greco.

L’ILLUMINISMO: Kant definisce l’illuminismo come l’utilizzo della ragione da parte degli uomini che mettendo in atto la propria intelligenza possono uscire dallo stato di minorità in cui si trovano proprio perchè in passato sono stati succubi e accettavano tutto passivamente. Kant riprende un’espressione di Orazio SAPERE AUDE, che diventerà il motto dell’illuminismo, che significa osa la tua intelligenza, abbi il coraggio di conoscere la verità attraverso l’uso della ragione.

Già le scoperte del 600, anche grazie a Galilei, fecero cambiare mentalità nel 700, Prese vita così un movimento culturale detto illuminismo si diffuse in Francia e poi in tutta Europa e indica l’età dei lumi, lume inteso come ragione che deve guidare l’uomo affinché si liberi dall’ignoranza e dalla superstizione. Si svilupparono ideali importantissimi: la libertà, la tolleranza (il rispetto dell’altro), cosmopolitismo (ovvero tutti sono cittadini del mondo e quindi tutti sono uguali e nasce da qui l’interesse per il diverso e nascono materie come l’antropologia culturale) la laicità (indipendenza dalla religione), l’uguaglianza (mettere in pratica i diritti universali), ottimismo (fiducia nella ragione) e materialismo. In contrapposizione all’intellettuale cortigiano, subordinato al mecenate ovvero al volere del signore, nasce una nuova figura di intellettuale, appartenente alla borghesia, il PHILOSOPHE che ha raggiunto un’autonomia economica, è impegnato socialmente ed è convinto che le scoperte scientifiche possano cambiare radicalmente la società e migliorare le condizioni di vita del’uomo. I philosophe miravano a diffonedere le proprie idee per questo utilizzavano giornali e riviste per velocizzare la comunicazione. Gli illuministi svilupparono due orientamenti politici: quello COSTITUZIONALISTA, che prevedeva una monarchia costituzionale basata sulla divisione dei 3 poteri sulla sovranità popolare e il dispotismo illuminato che prevedeva una monarchia forte e centralizzata illuminata dalla collaborazione con i philosophe in quanto si doveva fare la volontà del sovrano, perché si riteneva il popolo ignorante e incapace di fare una giusta scelta per il bene comune. Il sovrano nomina spesso funzionari di stato i philosophe che attraverso la propria intelligenza pensano di attuare riforme. I sovrani illuminati lottano contro i privilegi della chiesa che vengono definiti con il termine GIURISDIZIONALISMO o (GIUSEPPINISMO perché Giuseppe II fu l’iniziatore) che deriva dal termine DICTIO IURIS, ovvero parlare di diritto perché i sovrani si sentivano in diritto di controllare la chiesa, infatti alla chiesa fu tolto il monopolio sull’istruzione, e e papa Clemente 14 fu costretto a sciogliere la compagnia dei gesuiti e dell’aristocrazia per ridurre il potere. In italia gli intellettuali si riunivano nei caffè, dove si confrontavano, scambiavano idee e proponevano riforme.



700: il 700 è caratterizzato dalle guerre di successione in Spagna, Polonia e Austria. In Europa si afferma una nuova potenza la Prussia con la dinastia Hohenzollen e la Russia con la dinastia dei Romanov. Verso la metà del 700 scoppiò la guerra dei 7 anni perché la gran bretagna e la francia erano in competizione per il controllo sui mari e sui traffici commerciali . Fu un periodo importantissimo per 2 eventi fondamentali: perché scoppia la rivoluzione francese e la rivoluzione industriale in inghilterra.

Il concetto di SOVRANITà POPOLARE si era già diffuso in Inghilterra alla fine del ‘600 con John Locke egli pensava chi detiene il potere è il popolo che lo affida al re, quindi il potere al re non viene affidato da Dio. Locke parla di diritti naturali dell’uomo che devono essere riconosciuti a tutti e sono: la vita, la libertà, l’assenza di dolore, l’indipendenza e la proprietà.

Philosophe più importanti di Francia : MONTESQUIEU seguì John Locke, infatti critica l’assolutismo e sostiene la libertà degli uomini, egli pensava che non esistono delle leggi universali valide per ogni popolo, perché le esigenze dei popoli variano e quindi le leggi da applicare devono essere adatte a soddisfare quelle esigenze. Sulla base di questo ideò la divisione dei 3 poteri ala base di uno stato (giornalmente alla base dello stato moderno). I poteri sono 3: legislativo (di fare leggi- Parlamento), esecutivo (applica le leggi- Governo), giudiziario (Magistratura-verifica che non siano trasgredite) , così nessuno dei 3 poteri può prevalere sull’altro.

VOLTAIRE: sosteneva la monarchia assoluta, egli pensa che Il romanzo filosofico deve mirare ad insegnare qualcosa, deve mostrare come vera una tesi filosofica e deve criticare ciò che si ritiene errato. Nel suo romanzo filosofico CANDIDE esalta il lavoro e critica l’ottimismo di Leibniz, il quale vede la Terra come mondo migliore di tutti. Inoltre compose un ‘trattato sulla tolleranza’ che parlava di rispetto verso il prossimo e difesa della libertà. Voltaire voleva la divisione di potere politico e religioso, e quindi la nascita di uno stato laico.

ROUSSEAU: egli pensava che l’uomo nasce buono ma è il vivere nella società che lo cambia, quindi per vivere bene l’uomo deve tornare allo stato di natura, giusto equilibrio tra risorse e bisogni, in assenza di disuguaglianze. Al contrario la società in cui viveva Rousseau si basava sull’allontanamento dalla natura, sulle disuguaglianze tra gli uomini, la divisione del lavoro , la proprietà privata e condannava la scienza e le arti, fonte di vizio. La società civile si fondava su un contratto sociale formato dalla collettività che tendeva all’uguaglianza e al bene comune.  La visione originale di Rousseau è che condannava il progresso e la civiltà che erano la causa di decadenza, avidità ed egoismo. Per cambiare la situazione, lo stato doveva tripartire i poteri e basarsi sulla democrazia, per questo venne preso di mira dalle autorità del tempo. Rousseau pensava che la disuguaglianza è nata dal momento in cui l’uomo ha voluto il riconoscimento del suo lavoro attraverso le recinzioni che delimitava la propria proprietà. L’uomo inizialmente pensava alla sopravvivenza quando iniziò a capire che poteva migliorare il suo stile di vita, abbandona la comunità dei mezzi di produzione e vuole riconosciuti i risultati maggiori raggiunti (es, uno lavora di più e uno di meno, quello che lavora di più vuole riconosciuta la sua ricompensa.) I miglioramenti nella società moderna hanno sottolineato essere e apparire, ognuno di noi è in competizione con l’altro per dimostrare la propria capacità, ma questa sfida è malsana per l’uomo. Il ricco ha bisogno dello schiavo e il povero ha bisogno del ricco per sopravvivere.

ENCICLOPEDIA: La prima enciclopedia della storia fu ideata da Diderot e D'Alembert con il fine di divulgare tutti i saperi, di ogni campo, specialmente quello della scienza e della tecnica, che doveva essere autonomo da quello della religione. Infatti l’opera fu condannata da Papa Clemente 13 che la riteneva fonte della diffusione di una cultura laica. Nonostante questo l’idea andò avanti e l’enciclopedia fu realizzata dopo una petizione di duemila adesioni, dove collaborarono i migliori specialisti per realizzarla , alla fine comprendeva 17 volumi scritti e 11 illustrati.


CRITICA ALLA RELIGIONE: Gli illuministi attaccarono la religione perché consideravano la Chiesa la fondatrice di superstizione e sottomissione dei credenti, la accusavano di ignoranza e corruzione morale e di incitare all’intolleranza. Da questo allontanamento dalla Chiesa si vengono a creare tre correnti: ATEISMO, che nega l’esistenza di un dio creatore dell’universo, ma ha una visione materialista e meccanicista, DEISMO, credevano in un dio creatore del mondo ma che non si interessava della vita degli uomini e rifiutavano le istituzioni religiose e i dogmi, AGNOSTICISMO, non negano l’esistenza di Dio, ma si trovano in una posizione di incertezza e per questo non si schierano. La religione illuminista si basava su una religione naturale fondata su tolleranza e altruismo.

LA QUESTIONE DELLA LINGUA: gli illuministi erano favorevoli ad una rivisitazione della lingua tradizionale, con l’introduzioni di termini ed espressioni legate all’uso moderno, e all’uso dei forestierismi ovvero parole importate da lingue straniere, contro però si schierava l’Accademia della crusca che basandosi sul purismo, si opponeva alle novità e ostacolava gli scrittori moderni perchè difendeva la tradizione linguistica basata sugli scrittori del 300 e sul volgare fiorentino. Il linguista Melchiorre Cesarotti sosteneva che la lingua è un organismo vivente in continua trasformazione e che nessuno poteva stabilire delle regole definitive perché gli scrittori devono farsi capire da tutto il pubblico, anzi era necessario rivisitare la lingua tradizionale e rinnovarla in base alle trasformazioni storiche. Nella lingua italiana ebbe molta influenza la lingua francese a causa della divulgazione delle idee illuministe e quindi nella prosa si utilizzano molti francesismi, mentre per la poesia rimase lo schema tradizionale (di Petrarca).

LA LETTERATURA NELL’ILLUMINISMO: Gli intellettuali fecero una revisione accurata di tutto il patrimonio culturale del passato proprio per verificare con la ragione la validità. Gli illuministi criticavano la società feudale, i privilegi della chiesa e degli aristocratici perché non rispettavano i valori di tolleranza, uguaglianza e giustizia, mentre esaltavano la borghesia, divenuta il pubblico di riferimento perché grazie ai commerci è diventata molto potente. Grazie alla diffusione dell’editoria e della stampa si diffuse la trattatistica , di cui gli illuministi utilizzarono il saggio breve (trattava problemi di attualità), pamphlet (opuscoli brevi polemici o satirici che cercavano di sensibilizzare su argomenti d’attualità), dialogo (che aveva funzione divulgativa e trattava di vari temi), gli articoli di giornale (che parlavano di attualità), discorsi (di argomenti letterari-filosofici), e le lettere. il romanzo moderno che acquisisce dignità come genere perché diventa elevato ed è espressione dell’intellettuale borghese, infatti questi oltre ad essere i destinatari delle opere, erano i protagonisti. Nasce nel 700 in Inghilterra, trattava vari temi e i personaggi erano realistici e non seguiva regole fisse, era caratterizzato da un linguaggio semplice e comprensibile perché rivolto al ceto borghese, che aveva ricevuto un’istruzione base. Esistevano vari sottogeneri, tra cui romanzo epistolare (ovvero di lettere come Pamela di Samuel Richardon), autobiografico, di avventura, filosofico, gotico (si avvicina all’horror). Il principale autore fu Daniel Defoe che scrisse Robinson Crusoe, di cui sottolinea le virtù borghesi, tra cui l’intraprendenza della classe borghese. Molto successo ebbe anche Jonhatan Swift con I viaggi di Gulliver che ricordiamo perché nel romanzo condanna le superstizioni, i vizi e i pregiudizi.

Il principale centro dell’illuminismo italiano fu Milano dove intorno alla metà del 700 si diffusero l’Accademia dei Pugni, guidata da Pietro Verri, era un circolo dove era possibile confrontare le proprie idee, il nome non è casuale perché si prevedeva che le discussioni finissero a pugni ed ebbe molto seguito la rivista il caffè, simbolo della cultura illuminista italiana, usciva ogni 10 giorni ed era stata ideata da Pietro e Alessandro Verri. La rivista trattava problemi pratici e concreti, metteva in risalto gli interessi e le esigenze della borghesia, era contro il purismo dell’arcadia e aveva il fine di migliorare la realtà della società.

PAG.234 COS’è QUESTO CAFFè?

Il caffè era un periodico e veniva pubblicato ogni 10 giorni, narrava notizie della vita quotidiana e argomenti di vario tipo, scritti da vari autori. Questo foglio di giornale stampato e piegato in quattro doveva essere scritto con uno stile che non annoiava, questo giornale non aveva una scadenza ma sarebbe stato scritto fino a quando questo avrebbe avuto un pubblico che li leggesse. Il fine dei promotori di questa iniziativa editoriale era informare e far conoscere ai cittadini ciò che accadeva intorno a loro, divertendoli. Il caffè è descritto da Verri come una bevanda energetica, che risveglia anche l’uomo più cupo e introverso, aprendolo alle novità. Nella bottega del caffè vi è un clima tiepido e profumato, a cui Verri si sofferma perché egli è un sostenitore del sensismo, in questo caffè infatti ci dice che anche la notte viene illuminata. I frequentatori di questa bottega, possono intrattenersi, gustando un buon caffè, possono discutere di argomenti riguardanti la politica, la letteratura e la cultura, inoltre chi vuole può leggere il giornale con le notizie del periodo. Verri ha una visione cosmopoliti sta perché pensa di rivolgersi ad un pubblico che comprende tutti i cittadini del mondo, dove possiamo trovare un preannuncio di quella che sarà l’unione europea. Pietro verri apparteneva ad una famiglia aristocratica, egli era un esponente dell’illuminismo e uno dei promotori della rivista il caffè, a questo si affianca la sua carriera di funzionario pubblico.



CESARE BECCARIA: si avvicinò all’illuminismo e fu tra i fondatori dell’accademia dei pugni. Nel 1764 pubblicò il saggio DEI DELITTI E DELLE PENE suddiviso in 47 capitoli, che argomentava contro la tortura, che riteneva ingiusta perchè non assicurava la verità e la pena di morte che riteneva un crimine crudele e inutile. Lo scopo di questo saggio era incidere sul sistema di leggi che già esisteva, mettendo in risalto i difetti, Beccaria infatti afferma che le leggi di uno stato non devono violare la libertà del cittadino perché lo stato deve svolgere la funzione di cooperare per il bene comune, quindi se i sovrani non rispettano questi principi, allora sono tiranni perché il loro potere è violento e illegittimo. Gli illuministi francesi approvarono subito quest’opera, perché in uno stato illuminato l’omicidio da parte dello Stato non è legale, solo negli Stati medievali dove il sovrano pensava che il suo potere fosse di natura divina si poteva accettare. Beccaria era contrario alla violenza da parte dello Stato sui cittadini, egli pensava che la pena doveva prevedere una riabilitazione morale e il reinserimento nella società. Inoltre nel trattato sostiene che i cittadini possono possedere armi. Piuttosto per riparare il danno fatto alla società Beccaria pensa di estenderla nel tempo la pena, ovvero la pena di morte che si è più intensa ma veloce, può essere sostituita con i lavori forzati o il carcere a vita con il quale i criminali soffrono davvero la pena che si rivela efficace. Nel trattato egli differenzia delitto e peccato, delitto è un danno contro la società quindi la pena deve essere proporzionale al delitto commesso, il peccato invece è un’offesa che si fa a Dio, e che il fedele sconta la sua pena in base al giudizio finale; quindi le due cose sono distinte e separate. Egli pensava che il reo non era corrisposto alla classe sociale d’appartenenza, ciò vuol dire che i nobili non sono esenti dalle colpe solo perché sono ricchi, questo concetto non era scontato perché chi faceva le leggi erano giudici ricchi che le emanavano in base ai propri interessi, non tenendo conto che un uomo poteva commettere un reo perché non aveva da mangiare. Beccaria fece delle proposte concrete: ovvero le leggi dovevano essere chiare per evitare la trasgressione, i giudizi devono essere pubblici per non generare sospetti, la sentenza deve essere rapida per evitare incertezze e lo scopo della pena deve essere in vista del bene comune e quindi nel prevenire i delitti. l’idea di Beccaria al tempo era ritenuta rivoluzionaria in quanto l’obiettivo dell’illuminismo era il rinnovamento della società e la difesa dei diritti umani. Beccaria inoltre critica lo Stato perché pensa che la legge è stata creata per la libertà di tutti e nessuno può limitare quella del prossimo e contesta ciò che dichiara la Chiesa, la quale considera il suicidio un peccato ma poi permette di uccidere un'altra persona, macchiandosi di un reato che rimarrà impunito e non ritenuto un peccato. 

Molti stati europei e italiani, alla luce di queste proposte che potevano garantire l’uguaglianza, abolirono la pena di morte già nel 700 e questi principi sono tutt’oggi alla base del diritto penale moderno.

CARLO GOLDONI: nacque a Venezia nel 1707. Il padre era medico e gli fece intraprendere lo studio della filosofia, per poi intraprendere la carriera medica. Goldoni si ammalò di vaiolo e durante la malattia si appassionò al teatro, dopo la guarigione, frequentò una compagnia teatrale e  andò con loro in tournée. Abbandonò gli studi di filosofia per studiare legge a Pavia, dove viene però espulso a causa di una satira che scrive contro le donne pavesi, poi si laurea a Padova. Si trasferisce prima a Venezia, poi a Milano, scrivendo le prime opere teatrali ed esercitando contemporaneamente la professione di avvocato. Per 9 anni lavorò come poeta della compagnia teatrale Imer,  fu un periodo di formazione e sperimentazione che lo aiutarono ad elaborare le sue prime idee sulla riforma. Successivamente incontrò Girolamo Medebach, direttore del teatro Sant’Angelo di Venezia che gli propose nuovamente una collaborazione, qui la produzione di Goldoni fu attaccata da un suo rivale, Pietro Chiari, un commediografo contrario alla riforma di Goldoni, Goldoni però non si scoraggiò e continuò a produrre nuove commedie, infatti questo fu il maggiore periodo di composizione dell’autore. Successivamente si sposta a lavorare al teatro San Luca di Venezia qui incontrò un altro rivale Carlo Gozzi, un commediografo che polemizzò sia le commedie di Pietro Chiari, sia la riforma di Goldoni , tanto da costringerlo a trasferirsi in Francia. Goldoni accetta così la proposta di collaborazione con il teatro  della Comédie Italienne. Qui però trovò molte difficoltà perché gli attori della Comèdie erano abituati ad improvvisare su un canovaccio e non a recitare dei copioni a memoria. Egli infatti dopo due anni decise di trasferirsi alla corte di Versailles dove accettò la cattedra di insegnante di italiano per la principessa Adelaide, figlia di Luigi 15. Trascorre gli ultimi anni a Parigi grazie  alla pensione concessa da Luigi XV,  fino a che questa non viene soppressa e passò gli ultimi anni in povertà, morì nel 1793.



COMMEDIA DI CARATTERE VS COMMEDIA DELL’ARTE Goldoni, dedicò la sua vita al teatro e visse nel periodo dell’ ‘illuminismo’. Egli si pose l’obiettivo di riformare il genere teatrale che ormai non rispettava più le esigenze del popolo, infatti Goldoni voleva restituire dignità alla commedia ritenuta ormai un genere basso, di scarso interesse e ormai divenuta vuota di contenuti. Goldoni voleva modificare radicalmente quelle che erano le modalità della rappresentazione teatrale, ciò però avvenne in modo graduale. Goldoni mirava ad un teatro che rappresentasse il vero e per farlo nel modo giusto egli riteneva che non bisognava mai discostarsi dalla natura, considerata da lui ‘sicura maestra’ in quanto solo la natura ci porta a sentimenti veri e naturali. Goldoni principalmente basò le sue rappresentazioni teatrali su due aspetti: il Mondo (considerato come la realtà vissuta da vari tipi di individui con vizi e virtù) e il Teatro (ovvero il modo di rappresentare la quotidianità sul palcoscenico e il modo di rapportarsi con il pubblico durante la messinscena). L’osservazione della realtà è importante per Goldoni perché egli per scrivere i suoi testi scruta attentamente tutto ciò che lo circonda, ovvero il mondo, quest’ultimo gli permette di conoscere le vicende, le abitudini di vita e i costumi che caratterizzano la società, le vicende illustrate da Goldoni pertanto sono ambientate in un contesto realistico. La riforma di Goldoni, conosciuta come ‘la commedia di carattere’, non aveva solo lo scopo di divertire ma anche quello di far riflettere lo spettatore, Goldoni infatti si ispirò ai commediografi greci, come Aristofane e Menandro, e a commediografi latini, quali Plauto e Terenzio, ma in particolare a quest’ultimo, il quale mirava nelle sue rappresentazioni sceniche ad educare e istruire il pubblico. La commedia dell’arte, invece, diffusa ormai dal XVI secolo, aveva perso credibilità perchè caratterizzata dall’improvvisazione, da un linguaggio volgare, da figure stereotipate. Goldoni invece sostituì i tipi fissi detti così perchè avevano dei ruoli prefissati e l’abbigliamento di questi tipi ha dato vita alle maschere che rappresentano vizi e virtù, tra le più note vi sono: Pantalone, mercante ricco veneziano, avaro e brontolone; il dottor Balanzone che interpretava un avvocato o un medico panciuto e vestito di nero; Brighella che era il servo astuto; Arlecchino, minuto e sempre affamato, servitore astuto ma che sa cavarsela dai guai; Pulcinella golosa e insaziabile, vestita sempre di bianco; Colombina giovane serva astuta e affascinante; Rosaura, pettegola e innamorata, Goldoni invece introduce dei veri e propri personaggi descritti in tutte le loro sfaccettature, con vizi e virtù, inoltre questi dovevano usare un linguaggio appropriato alla loro classe sociale di appartenenza. I personaggi che fanno parte delle sue commedie, si possono suddividere in tre classi sociali: l’aristocrazia, che viene messa in ridicolo, la borghesia che invece viene esaltata in quanto intelligente ma anche opportunista, e infine vi sono i  popolani descritti nella loro rozzezza ma anche nella loro operosità. Goldoni sapendo di rivolgersi ad un pubblico vario, scelse di scrivere le commedie in diversi registri linguistici (plurilinguismo), quali: il dialetto veneziano, l’italiano della borghesia veneto-lombarda e il dialetto di Chioggia, caratterizzato da espressioni francesi, Goldoni sapeva che in questo modo poteva garantire un'ampia diffusione alle sue opere, le quali erano indirizzate a tutti e non ad una singola classe sociale. Egli fu per questo criticato, perché anticipò la ricerca di una lingua che rappresentasse l’unità nazionale, infatti il suo teatro era caratterizzato da espressioni quotidiane e della lingua parlata. La Commedia dell’arte risultava monotona data la ripetizione delle stesse situazioni, Goldoni invece intuì che il teatro doveva cambiare in relazione col tempo, egli infatti proponeva una varietà di argomenti in base al contesto, perché bisogna tener conto che la società è in evoluzione, pertanto non si possono proporre schemi fissi. La commedia dell’arte prevedeva  inoltre un canovaccio, un testo teatrale sterile e vuoto di contenuti, su cui gli attori basavano la loro messinscena, questo venne sostituito da Goldoni con un copione, un testo teatrale ben scritto, chiaro e lineare, caratterizzato da battute semplici e brevi in modo tale da facilitare agli attori la memorizzazione. Le ‘tirate’ erano dei monologhi attraverso i quali l’attore esprimeva la sua bravura, perché egli imparava i testi a memoria, mentre i lazzi erano dei giochi di parole legati alla gestualità (spesso consistevano nello storpiare le parole), il cui fine era far divertire il pubblico.




PRODUZIONE ARTISTICA: la produzione artistica si divide in 3 fasi:

1 fase) 1748-1753 ai è svolta con la compagnia Medebac al teatro Sant’Angelo, dove scrive: La putta onorata, La buona moglie, La famiglia dell’ antiquario; La locandiera. In queste commedie Goldoni mette al centro dell’opera il mercante veneziano, pieno di virtù, tra cui l’intraprendenza, razionalità, puntualità e rispetto, buon senso il mercante è una figura attiva e laboriosa, che incarna i valori della famiglia, e lavora onestamente per guadagnarsi da vivere al contrario della nobiltà. L’ intento di Goldoni è smuovere l’ aristocrazia che deve partecipare attivamente alla vita economica, classe parassitaria, che vive di rendita e che è in decadenza perché il denaro che ricava non veniva investito a differenza dei borghesi che rischiano il denaro pur di tentare il successo.

2 fase) si può dividere in 2 sottofasi

1753-1758, le opere che fanno parte di questo periodo sono La sposa persiana, La donna bizzarra, Il vecchio bizzarro che scrive presso la compagnia Vendramin, del teatro San Luca. Questo è un periodo caratterizzato da incertezza a causa delle polemiche con il Chiari e il Gozzi e e con l’esigenze del capocomico che vuole dei testi con temi esotici come nella sposa persiana, dove l’ambientazione è esotica e Goldoni si dimostra tollerante e criticò i valori dell’occidente mettendoli a confronto con il mondo orientale. Il mercante presente in queste commedie è un personaggio ritratto con sarcasmo e ironia da Goldoni, lontani dalla vita sociale, nevrotico, pieni di tic ( che rispecchia le sue condizioni a causa delle crisi di ipocondria).

1759-1763, le opere che fanno in questo periodo sono scritte a Venezia e sono i rusteghi e trilogia della villeggiatura. Nelle opere descrive come le virtù borghesi si siano trasformate in vizi: avarizia ,superbia, ostinazione. La borghesia mercantile vive una grave crisi sociale e stava perdendo centralità perché i traffici diminuivano e si applicava una politica protezionistica. 

Il protagonista delle commedie è “ il rustego”, un vecchio mercante conservatore e avaro. Secondo Goldoni la borghesia veneta è incapace di rinnovarsi e di adeguarsi ai cambiamenti perché legata al passato e alle tradizioni. Il borghese descritto da Goldoni ha una mentalità chiusa, sa solo brontolare ,rassegnato e malinconico sperpera il suo denaro nelle villeggiature in campagna.

3 fase) 1762 Goldoni in questo periodo scrive ‘le baruffe chiozzotte’, con il termine baruffe si intendo litigi e contrasti tra uomini e donne a causa di tradimenti e gelosie. I protagonisti sono i pescatori di Chioggia, l’opera è scritta in dialetto proprio per essere comprensibile anche al popolo, che prova sentimenti semplici e sinceri, per questo Goldoni rivaluta il popolo nella vitalità, laboriosità e operosità che lo caratterizza e che la borghesia non possede più.

LA LOCANDIERA: è una delle commedie più importanti di Goldoni, perché nella prefazione Goldoni dice che è la sua commedia più educativa, che scrive con ironia ma che vuole far riflettere. È scritta in tutte le sue parti in dialetto toscano abbastanza parlato, le battute sono brevi e si svolge come un dialogo. È divisa in 3 atti, la vicenda si svolge in una giornata in una locanda di Firenze, anche se l’ambiente sociale è quello di Venezia ma Goldoni per non incorrere nella censura, l’ambienta a Firenze. Goldoni critica nella commedia l’aristocrazia per essere una classe parassitaria e la misoginia, che fa avere alle donne un ruolo subordinato nella società. Nel primo atto vengono introdotti i personaggi che rappresentano ognuno una classe sociale, La protagonista è Mirandolina, la proprietaria di una locanda, rappresenta vizi e virtù femminili, è una figura tradizionale è una servetta seducente ma la novità è che è furba, autonoma, emancipata e intraprendente perché sa affascinare gli uomini ma sa anche gestirli. Goldoni ammira l’intelligenza di Mirandolina ma disprezza il fatto che dopo aver sedotto gli uomini, rinuncia all’amore. Mirandolina è corteggiata da due clienti della locanda, che entrambi Rappresentano la classe aristocratica, ormai in decadenza ma con sfaccettature diverse, il Marchese di Fiordipopoli che è un nobile decaduto, che non ha soldi, e continua a vivere nella locanda non pagando mai i conti e non dando mai mance alla servitù, ma nonostante questo continua ad esaltare le sue origini. Il conte d’Albafiorita, rappresenta il borghese che guadagna denaro e quindi può permettersi di fare molti regali a Mirandolina, e inoltre ha comprato il titolo nobiliare. Questi due personaggi sono in competizione per la Locandiera, finchè non arriva il Cavaliere di Ripafratta, che è un uomo scortese e misogino, chiuso in sé stesso, che si prende gioco dei due corteggiatori di Mirandolina, perché egli si vanta di non essersi mai innamorato, ma Mirandolina con la sua astuzia, fingerà di provare anch’essa odio verso le donne e verso i suoi due corteggiatori, e si mostra gentile e premurosa con il cavaliere che cadrà ai suoi piedi, facendo una scenata di gelosia e dichiarando l’amore verso Mirandolina davanti a tutti e poi si vedrà costretto a fuggire, pieno di vergogna. L’uomo di cui però è realmente innamorata Mirandolina e che sposerà è il cameriere della locanda, Fabrizio, che è di umili origini e può aiutare davvero Mirandolina nella gestione della locanda.



MONDO E TEATRO PAG. 256

Goldoni nel testo dichiara che il Mondo e il Teatro lo hanno aiutato nella sua produzione artistica. Il mondo, intenso come realtà ed esperienza, gli ha insegnato che esistono vari tipi di individui con vizi e virtù. Il teatro, inteso come il rapporto con il pubblico durante la messinscena, gli ha dato i giusti elementi per raccontare agli altri ciò che vedeva e per rapportarsi in modo opportuno con il mondo. Goldoni spiega come il teatro lo ha aiutato a mettere insieme gli elementi forniti dal mondo, metaforicamente gli ha dato i colori e le sfumature, ovvero il modo di curare i minimi dettagli e il modo in cui si devono presentare gli avvenimenti e i personaggi con tutte le caratteristiche , i vizi e le virtù. Secondo Goldoni la lingua da usare nelle rappresentazioni teatrali deve essere semplice e naturale coerente con le vicende, egli utilizza il plurilinguismo, infatti i personaggi parlano spesso il loro dialetto, frequenti sono le espressioni dialettali, Goldoni usa il lessico dell’Italia settentrionale o il dialetto Veneziano quando si rivolge al pubblico di Venezia (sua città natale). Questo perché gli interessa portare sul palco scene di vita vera e quotidiana e il linguaggio deve essere adatto ad un pubblico vasto. La natura intesa da Goldoni è la rappresentazione della realtà, cioè il modo in cui si presenta a noi la natura , questa si manifesta in modo identico a tutti, per questo Goldoni la ritiene una universale. L’obiettivo principale della commedia era riprodurre il vero e per farlo nel modo giusto non bisognava mai discostarsi dalla natura, che Goldoni chiama sicura maestra perché solo la natura ci porta a sentimenti veri e naturali. l’osservazione della realtà è importante per Goldoni perché egli per scrivere i suoi testi scruta attentamente tutto ciò che lo circonda, ovvero il mondo. Egli nel testo scrive che il mondo lo informa sulle vicende, abitudini di vita, costumi, i vizi e le virtù, egli infatti cerca di confrontarsi con la realtà quotidiana perché l’intento è quello di rappresentare il vero. Goldoni afferma nel testo che il popolo è il padrone del gusto e per questo egli dice che ha dovuto imparare a moderare i suoi gusti perchè doveva tener conto del gusto della società, in quanto la rappresentazione deve piacere al popolo. afferma al tempo stesso, di non farsi condizionare dai giudizi di persone ignoranti o non competenti che pretendono di imporre delle regole universali al gusto di un popolo o di una nazione, proprio come hanno fatto i classicisti. Goldoni esprime la sua opinione, dicendo, che bisogna tener conto della società che è in evoluzione e che i gusti cambiano come la moda del vestire. Egli a prova di ciò riporta l’esempio delle commedie di Aristofane, che ritiene ‘intollerabili’ ai giorni nostri, proprio perché scritte in tempi molto antichi e che ormai non risultano più soddisfacenti alle esigenze del popolo. Inoltre Goldoni afferma che le sue commedie devono avere uno scopo istruttivo e morale affinché il teatro possa essere funzionale e quindi dare degli insegnamenti. Da qui possiamo dedurre che Goldoni cerca l’approvazione del pubblico attraverso l’introduzione di innovazioni che destano stupore nel pubblico, ma anche attraverso il divertimento, perchè entrambi favoriscono la funzione educativa del teatro.

PAG. 242 VENEZIA

è un brano tratto da un’autobiografia di Goldoni intitolata memorie, nel brano Goldoni parla della sua città natale, dove torna dopo molto tempo, egli dice che Venezia non somiglia a nessun’altra città e non può essere paragonata a nessuna città. Goldoni la descrive in maniera precisa come se fosse una cartina geografica, parla di quando aveva 15 anni che non aveva colto ciò che Venezia aveva di speciale. Descrive la basilica di San Marco, Il palazzo ducale, uno dei simboli della città come se fosse una guida turistica. La descrive come una lacuna ricoperta d’acqua dove vi sono ogni tipo di barche grandi e piccole. Infine si scusa con i lettori, per essersi dilungato.

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