Testo di Antonio Riccio dal titolo "Una birra in 50 anni"

Era il 23 dicembre del 1983.

Io e Steven avevamo compiuto da poco la maggior ‘età ed eravamo entrambi in cerca di guai.

Non vedevamo l’ora di diventare adulti, e facevamo di tutto, ma proprio di tutto per capire come funzionasse quel mondo a noi sconosciuto.

Quelli della nostra età sbavavano appresso alle ragazzine, zzzz mezze checche.

Chi al cinema a guardarsi quella merda di Flashdance, chi in casa a giocare con quegli aggeggi, o almeno di quello che ne rimaneva.

Io e Steven invece no, noi volevamo trovare un punto di partenza, qualcosa che ci desse il via libera verso quello che noi definivamo “il grande dirupo”.

Una discesa verso gli abissi più profondi della vera vita; non eravamo dei ragazzini molto tranquilli, non so se si è capito.

Noi volevamo i soldi, il successo, la fama, LA GLORIA, e non ci mancava di certo il coraggio, e non scherzavamo in quanto pazzia, e ne eravamo pienamente consapevoli.

Se qualcuno ci avrebbe fermato dicendoci che dovevamo essere rinchiusi in un manicomio gli avremmo detto che aveva ragione, aveva colpito proprio nel segno.

Ci volle poco per trovare il punto d’inizio, grazie tony.

È difficile arrivare in alto, quasi impossibile per gente come noi, troppo poco borghesi, troppo poco acculturati, troppo poco tutto; a malapena riuscivamo a stare tra la gente normale, e li capimmo, capimmo tutto.

La gente…

La gente non sa di cos’è capace una persona finché tale persona non s’impone.

Ci piaceva ragionare da bambini, ragionavamo per ore ed ore su come si facesse cosa, e come.

“Steven, secondo te, come si diventa insegnanti?”

“Studiando”

“E se uno non ha i soldi per studiare, cosa fa?”

“Be, credo che lo prendi in culo”

 

“Steven, secondo te, come si diventa famosi”

“Facendosi conoscere”

“E se il mondo ti etichetta ancora prima di conoscerti?”

“Be, credo che lo prendi in culo”

 

“Steven, secondo te, come possiamo non farcelo mettere in culo”

“Con la furbizia”

“E se quello che incontri è più furbo di te, cosa fai?”

“Prima lo prendi in culo, poi ti fai più furbo di lui, e te lo inculi”

 

Era facile, ci stava come ragionamento, parti dal basso, ma proprio dal basso, capisci come funziona, i meccanismi, le abitudini, i gradi, e più passa il tempo, più diventa facile barare ed arrivare in alto, calpestando chi prima ti calpestava, non è bello, ma era l’unica strada per due come noi.

I mesi passavano, e più ci andava avanti, è più noi capivamo tutto.

Era semplice, molto semplice.

Ogni anno il comando di quel dirupo passava in mano a qualcuno di nuovo, nulla lì era assegnato per democrazia, nemmeno una singola briciola di pane secca.

Tutto veniva deciso da un singolo fattore, la fame.

Tutti li avevamo fame, tutti volevo primeggiare, è questo generava un paradosso.

Esisteva solo un posto, un singolo posto da poter occupare per saziare completamente quel bisogno di fame celato dentro ognuno di noi, e questo significava che solo uno tra di noi poteva permettersi il lusso di essere felice, bastava solo iscriversi al gioco.

Chiunque poteva partecipare, bastava sapere cosa cercare e per fare ciò, non esistevano né regole, né limitazioni.

Durante la partita si poteva fare ogni cosa, tanto in fondo, in guerra tutto è lecito; cera solo un obbiettivo, fare fuori gli altri concorrenti, e non intendo certamente con un tiro di dati.

Solo in pochi erano a conoscenza delle informazioni necessarie per partecipare, o meglio, solo i più furbi sapevano cosa fare e dove andare, a che ora, e con chi, ed io e Steven eravamo tra questi.

Non ci pensammo più di tanto, bastò uno sguardo e già ci eravamo intesi, Il primo che sale, porta l’altro con sé.

Ci salutammo con il nostro saluto segreto, ed ognuno per la sua strada.

1 mese, ci volle un fottutissimo mese per poter far fuori tutti, o quasi, ne mancava uno, i più furbi ora erano gli unici in gioco, era uno stallo.

L’uno sapeva le mosse dell’altro, e non si poteva fare niente di così diverso da ciò che già non era stato pensato e previsto.

Avevamo trascorso troppi anni assieme, ma quello che era successo da un mese a questa parte, ci aveva cambiato.

Eravamo partiti con tante idee, e senza un piano, ed ora il piano lo avevamo, ma nessuno de due voleva metterlo in pratica, eravamo troppo amici per farci questo, o almeno era quello che pensavo.

il mondo è un brutto posto in cui stare; Ti cambia la vita senza nemmeno che tu te ne accorga, ed un bel giorno ti ritrovi a combattere contro il tuo sesso amico, ed arrivati a quel punto, o combatti o soccombi.

 

 

 

 

1999, non mi ricordo la data precisa ma era un martedì, di questo ne sono sicuro.

Era da più di un mese che stavo provando ad organizzare un torneo di biliardo, ma la cricca di Berlino era sempre impegnata.

Il tempo è qualcosa d’importante, ma non tutti lo capiscono.

A noi il tempo mancava sempre, chi col lavoro, chi con lo studio, chi con l’amore, tutti, compreso io, avevamo sempre qualcosa da fare, ma quel martedì, quel sacrosanto martedì, eravamo tutti liberi, tutti.

Le università erano chiuse, le aziende erano in festa e le ragazze erano a cena con i loro cari.

0 impegni

0 preoccupazioni

0 stess

0 di tutti

Era la giornata perfetta per organizzarci.

Io e la cricca ci riunimmo al solio posto, giù da Carlos, mi ricordo che non avevo mai visto così tanta gente li in tutta la mia vita.

Quel locale era il nostro punto di riferimento da sempre, quando lo scoprimmo bastò uno sguardo per dirci “È lui”;

Quelle luci soffuse, quei ragazzi, quei tavoli, quelle sedie, quel bancone gigantesco tutto in legno, quei tavoli da gioco, quell’odore di whisky e sigari, quello stupendo calore che ti inebriava il corpo dopo essersi seduti al biancore, quel camino, era tutto perfetto, tutto, e poi c’era Carlos, io mi meraviglia quando seppi che era il proprietario di tutto posto.

Vi giuro che non ci avrei scommesso nemmeno un singolo soldo bucato, nessuno l’avrebbe fatto, nessuno.

Quando lo vidi per la prima volta dietro al bancone a gestire tutto pensai che era il figlio o il nipote di qualcuno, mica un ragazzino di 23 anni poteva essere il proprietario di tutto quel posto pensai io, ma mi sbagliavo.

Aveva ereditato il locale dal padre, che lo aveva ereditato a sua volta dal padre di suo padre.

Lui era cresciuto lì e versava birra nei calici da quando aveva 11 anni, ed aveva a che fare con quella gente da quando ne aveva solo 5.

Tutti i ragazzi del bar lo volevano bene perché l’avevano visto crescere, sapevano chi era, sapevano la sua storia, sapevano tutto, amori, impicci, sogni, problemi, era una grande famiglia allargata e lui sapeva che qualunque cosa accadesse, poteva contare sui più grandi, ed ogni nuovo sconosciuto che entrava li doveva comportarsi bene con lui, non gli conveniva scherzare.

Ci sedemmo al bancone, com’era nostra consuetudine fare, ed ordinammo delle birre, ognuno si prese la sua preferita.

Marco prese la sua amata Tennent’s, Stefano scelse la Kozel, Endrio la Goose Ipa, Robert una Berliner Weisse, Sara, la solita astemia, prese direttamente una bottiglia di jack, ed io scelsi la Castello.

Bevemmo e parlammo in attesa che un tavolo si liberasse, ma non ci volle molto, dei turisti Francesi stavano li li per finire, giusto il tempo di sentire come Robert si trovasse col nuovo lavorare.

Quando quei turisti francesi finirono ci avvicinammo alle stecche con ancora le birre mezza piena.

Ed una bottiglia di jack quasi vuota, quella Sara…

Nell’aria si respirava un odore di sfida quasi tangibile, volevamo tutti primeggiare, a nessuno piace il secondo posto, tanto meno a noi, tanto meno a me.

Che giochi a fare se non è per vincere?

Abbiamo sempre preso le sfide seriamente, fin da bambini. Per noi nascondino era gara di astuzia, di silenzio e di rapidità, un due tre stella era una gara al limite tra la vita e la morte.

Crescendo abbiamo scoperto che il biliardo è la sfida perfetta.

Per vincere occorre rapidità, intelligenza, forza, precisione, calma, tattica, ed anche un pizzico di psicologia, per non crollare durante l’ultima buca.

Formammo le coppie ed iniziammo…

Bam, prima buca. Bam, seconda. Bam, terza buca, mi sentivo carico, non avrei perso questa volta, questa volta no…

“Stai andando bene” disse Sara “Che ti è successo? Non ti avevo mai visto così carico”

“Ho Sara, non sai da quanto aspettavo questo momento, non vedevo l’ora di giocare, ed ora che sto qui, non ho la minima intenzione di perdere, già ho perso abbastanza”

Guardai il tavolo con calma, me lo studiai un po’, mirai, feci un bel respiro è….

“È vai”, urlo Marco “O ed ira guarda e impara come si gioca a biliardo”

Robert aveva appena sbagliato a tirare, stava a tanto così dal mandare in buca la bianca.

“Non fare il gradasso Marco, ognuno ha i suoi metodi per vincere” Disse Stefano “Statti attento che se fai così perderai all’ultima buca”

“Si certo, aspetta e spera” rispose Marco

“Secondo me già ha perso” bisbiglio sotto voce Endrio a Stefano  

Li guardai e mi misi a ridere, era tutto perfetto. Come mi mancava questo clima

Bam, quarta in buca

Sara era serena come al suo solito, non so come facesse, ma lei era sempre riuscita ad essere la prima in tutto.

Aveva i voti più alti di tutti, le migliori compagnie, i migliori agganci, soldi a non finire, una medaglia d’oro per ogni sport praticato, e tutto era accompagnato da una bellezza fuori dal comune  

“Ei Alky ma che ti è successo, ti sei allenato di nascosto per paura che ti battessi hahaha”

“No cara, oggi mi sono solo svegliato col piede giusto, col piede di guerra.

In sto periodo ho perso tante cose, la famiglia, il lavoro, i compagni, a breve se continuo così perderò anche casa mia, ma non ho ancora perso la mia voglia di vincere, voglio ancora stare tra il top del top.

Voglio svegliarmi la mattina senza preoccuparmi di cosa fare o di dove andare per poter sopravvivere. Oggi qui, domani li, e dopo domani chi sa? Potrebbe non starci un dopodomani, ed io ho fame ora.

Se non riesco a vincere questa sfida, come voglio vincere quelle ci sono fuori da qui?”

“Alky, ho caro Alky, come sei caduto in basso, hai voglia di primeggiare, ma ti sei dimenticato che questo è solo un gioco, te lo sei dimenticato? Ti ricordi che ci dicemmo? Noi nasciamo, cresciamo, viviamo e poi moriamo, e tutto accade in un attimo di ciglia. Li fuori, fuori da questo mondo, ci sta qualcuno che come noi si sta gustando una birra coi suoi amici, e quando avrà finito, probabilmente per noi saranno passati 50 anni. Noi vedi che bello che è essere un filo d’erba all’interno di un giardino? Nessuna preoccupazione, nessun impegno, nessun onere. Noi abbiamo il lusso di poter stare qui, oggi, ma se domani non ci siamo più, nulla cambierà, ce ne potremmo andare quando vogliamo, tanto non ci ferma nessuno, siamo liberi, quindi di che ti lamenti, piuttosto pensa ad oggi e no al domai”

“………………… già, facile parlare in questo modo, per te che tieni tutto………………….”

bam……. paino piano la quinta buca si avvicinava.

“Carlooooos, qui la gola si sta a seccà” urlò Robert con quella sua voce da classico scaricatore di porto

“Lisa appena puoi porta un altro giro alla cricca di Berlino”

“Certo Carlos, subito” disse Lisa con la sua dolce voce angelica.

Non mi dimenticherò mai quei suoi occhi azzurri in contrasto con quei capelli scuri, quel ciuffo da leonessa e quel suo viso da bambina.

Carlos ci raccontò che la trovò all’età di 13 anni in giro per strada, mentre tornava a casa dopo il lavoro.

La vide infreddolita, con addosso dei vestiti al limite della decenza.

Era stata abbandonata da bambina perché i suoi genitori non avevano abbastanza denaro per mantenerla.

Carlos la levò da mezzo la strada e gli diede un posto di lavoro ed un tetto dove stare, e da quel giorno lei mangia, beve, lavora e dorme qui, in questo locale che ormai è diventato più suo che di Carlos.

Le birre arrivarono ed erano fredde come sempre.  

Quel calice di vetro freddo come il ghiaccio mi fece ricordare la roulette russa.

Quella canna fredda, ancora inutilizzata.

Quel calore generato dal tuo corpo quando sai di dover essere tu il primo che la riscalderà.

Alzammo i calici, ci guardammo e poi

“Vinca il migliore” Lo urlammo tutti in coro, tutti assieme, guardandoci con quella malizia che ci sta quando sai di voler vincere a tutti la gara, amicizia o no.

Che sapore la Castello, mamma mia, un attimo di pace assoluta come quando stai per venire e poi.

Bam, questa volta non era la pala che entrava in buca, questa volta ero che sbattevo a terra in preda alla paura.

Quella sensazione di pace, non volevo perderla, non volevo perderla, non volevo tornare coi piedi per terra, la terra è brutta, puzza ed ha un retrogusto di sangue unito a terra bagnata e fango, perché non potevo saltare questo periodo orrendo? Perché non potevo arrivare direttamente alla parte in cui sono contento e sereno?

Un lungo silenzio durati forse meno di 2 secondi e poi riaprii gli occhi, posai la birra e guardai Sara dritta negli occhi.

“Pronta a ricominciare?”

“Sono nata pronta. Tu sei pronto a passarmi sta stecca?”

“Certo che so pronto, il tempo di farti perdere e te la passo”

Mi preparai per un’altra buca, ed un’altra buca fu.

Mancava l’ultima, l’ultima.

Fino a quel momento era stata una partita perfetta, e doveva continuare ad esserlo.

Feci un altro sorso di birra, mi rilassai, di nuovo quel silenzio, quella pace e poi di nuovo bam caddi per l’ennesima volta a terra, su questo cazzo di modo.

Mi provai a rilassare, ma dentro ero ansioso.

Sapevo che se sbagliavo ora avrei perso, me lo sentivo.

Guardai a Sara e lei era serena come al suo solito.

Sospirai, fu un lungo respiro, e poi lo feci, tirai.

E chi se lo poteva mai aspettare, tirai con tutta la mia esperienza, tirai con una precisione millimetrica, tirai; e sbaglia, sbagliai il tiro, non feci buca, nessun bam, nesun eeeevvvvvaaaai, niente di niente.

“Ora posso fare un tiro?” Chiese Sara

“Certo” volevo morire, avevo perso…

Bam, una.

Bam, due

Bam, tre e quattro assieme

Bam, cinque e sei

Bam… sett

Era finita, avevo perso.  

Questo mondo è ingiusto.

Ce chi si spacca la schiena tutto il giorno, tutti i giorni, 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per non morire, e poi ce chi non deve fare nulla, perché semplicemente ha già tutto, fama, soldi, denaro, potere, agganci, amicizie, fortuna, ha, la fortuna…

Non so se esista un dio su questa terra, ma se esiste è uno stronzo.

Dà ai suoi discepoli tutto ciò che gli occorre per vivere una vita felici, e mentre lui si finisce una birra in tutta tranquillità, si dimentica di noi e delle nostre vite, e ci nota solo dopo 50 anni, ma per lui 50 anni non sono molti, è giusto il tempo di una birra.


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