Vita e opere Luigi Pirandello ( Italiano )



LUIGI PIRANDELLO - VITA


Luigi Pirandello nasce ad Agrigento, si iscrive alla Facoltà di Lettere a Roma ed è costretto ad abbandonarla concludendo i suoi studi in Germania dove approfondisce Schopenhauer e Nietzsche. Nel primo romanzo, Marta Ajala affronta tematiche tipiche della sua produzione come il concetto di famiglia come trappola e lo scarto tra realtà e apparenza. Il 1903 rappresenta un anno di crisi nella sua vita in quanto la famiglia subisce un grave tracollo finanziario al quale si aggiunge la malattia mentale della moglie sofferente di disturbi nervosi. Pirandello scrive in questi tempi Il fu Mattia Pascal, romanzo innovativo che rispecchia la crisi filosofico scientifica di inizio secolo. Successivamente elabora la poetica de L'umorismo ed inizia la stagione di romanzi con i vecchi e i giovani e i quaderni di Serafino Gubbio operatore.


Nel 1910 rappresenta a Roma due atti unici in dialetto siciliano e qualche anno più tardi alcune commedie dialettali. Tra il 1916 e il 1918 mette in scena tre opere del Teatro del grottesco in cui gli schemi e le situazioni borghesi sono portate all'estremo per dimostrare le contraddizioni e la falsità delle convenzioni sociali. Ma la rivoluzione teatrale si ha con Sei personaggi in cerca d'autore un esempio di metateatro, teatro nel teatro. Quando quest’opera va in scena a Londra la fama di Pirandello diviene mondiale. All'apice del suo successo, abbandona l’insegnamento, si dedica al teatro, trascorre molto tempo all'estero e crea l'ultimo capolavoro della sua narrativa, il romanzo Uno, nessuno e centomila.


Nel 1924 si schiera pubblicamente con Mussolini aderendo al partito fascista. Probabilmente questa scelta deriva da motivazioni opportunistiche perché l'appoggio di Mussolini gli permise di diventare direttore del teatro d'arte a Roma. Non a caso, nutriva una certa insofferenza verso il regime. Attraverso i miti teatrali pubblicati alla fine degli anni Venti del Novecento, Pirandello si avvicina ad una poetica nuova, influenzata dal surrealismo in quanto colloca queste vicende i luoghi mitici, al di fuori dalla realtà e dalla storia per recuperare un’utopia positiva. Il pieno riconoscimento della fama internazionale si ha nel 1934 con il Premio Nobel per la letteratura. Si ammala gravemente durante le riprese de Il Fu Mattia Pascal e muore. Il suo funerale rispecchierà un atteggiamento ostile verso la vita, incline al nichilismo che aveva mostrato nelle sue opere.


 


PENSIERO


Pirandello rappresenta l'uomo di primo 900 che prova un senso di disorientamento e disagio esistenziale in quanto gli ideali risorgimentali sono falliti ed è tramontato l'ottimismo positivistico. Dunque dalle sue opere emerge una complessa visione della realtà dovuta all'affermarsi della società moderna e all'annullamento dell'individualità in una massa anonima e spersonalizzata dominata dalle convinzioni piccolo-borghesi. Inoltre con la filosofia di Nietzsche e Schopenhauer sono venute meno le certezze e i valori secolari sostituiti da un atteggiamento di relativismo. Per questo Pirandello, così come Kafka, esprime in forme paradossali e grottesche tale disagio mettendo in dubbio non solo l'esistenza di una realtà univoca e oggettiva, ma anche l'identità del singolo. Così come Bergson egli afferma che la realtà è percorsa da un flusso Vitale inarrestabile, in continua trasformazione è dominata dal caos. L'uomo sente il bisogno di porre la vita in forme fittizie, le cosiddette convenzioni sociali, dunque ogni individuo si costruisce UNA FORMA, attribuendosi una personalità che è solo qualcosa di artificiale. Nella società l'uomo assume non una ma diverse forme che sono i diversi ruoli che la società gli attribuisce. Essendo in questa trappola l'uomo diviene una maschera, un insieme di maschere, tutte diversi e tutte inconsistenti. Per Pirandello la vita è una pupazzata, una recita in cui ognuno impersonifica contemporaneamente più ruoli, l'identità individuale si frantuma, il singolo si crede nello stesso tempo uno, si frammenta in 100.000, tanti quanti sono i soggetti che lo osservano, e si ritrova infine ad essere nessuno. Dietro le molte maschere dell'individuo si cela il nulla, il flusso inafferrabile della vita. La personalità in quest'ottica diviene un'illusione soggettiva, un inganno della coscienza. Ogni uomo tenta di liberarsi dalle maschere e ritrovare il fluire della vita ma ha bisogno, per vivere, di una forma. Non è possibile vivere né all'interno delle forme sociali, sentite come opprimenti, né fuori da esse. Con la sua arte il poeta vuole esplorare le possibili vie per superare questo dilemma: una possibile soluzione è quella dell'immaginazione, dell'evasione fantastica o meglio della follia che permette di assecondare le proprie pulsioni vitalistiche. Se la vita quotidiana è una sorta di recita, allora la realtà nel suo complesso è inconoscibile e inafferrabile. Non esiste una verità oggettiva e univoca, ma tante verità soggettive tutte ugualmente valide che descrivono l’atteggiamento di relativismo conoscitivo di Pirandello.


 


L’UMORISMO 1908, LA VECCHIA IMBELLLETATTA


È il testo teorico più significativo per comprendere la poetica di Pirandello, è ideato negli stessi anni de Il Fu Mattia Pascal infatti si ricollega ad esso per quanto riguarda la tematica dell’inconoscibilità e molteplicità dell'io. Il saggio si divide in due parti: una storico-letteraria e una teorica ed estetica. Nella prima parte Pirandello espone la storia del termine umorismo e propone esempi di arte umoristica (Don Chisciotte o Promessi Sposi), nella seconda parte definisce la poetica umoristica la quale nasce dal sentimento del contrario, dalla riflessione sul contrasto tra apparenza e realtà, la contraddittorietà del reale e dell'esistenza. Tramite questa forma d'arte l'autore del 900 può demistificare la realtà dalle finzioni e creare personaggi contraddittori.

In questo brano Pirandello analizza le sensazioni che suscita vedere una vecchia signora con i capelli ritinti, imbellettata e vestita di abiti giovanili. In un primo momento ride perché quella signora è il contrario di ciò che è una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Inizialmente potrebbe arrestarsi a questa impressione comica, il comico è un avvertimento del contrario, invece nell’umoristico interviene la riflessione. Forse quella vecchia signora prova piacere a prepararsi in questo modo, e ne soffre perché pietosamente s'inganna che preparata così e nascondendo le rughe possa trattenere a sé l'amore del marito più giovane. Dunque la riflessione fa andare oltre l'avvertimento del contrario tipico del comico e fa sfociare nel sentimento del contrario tipico del umoristico


 


IL FU MATTIA PASCAL


Scritto nel 1903, tratta la storia di Mattia Pascal, protagonista che vive in un paesino ligure, alla morte del padre eredita una grossa fortuna, ma incapace nel gestirla è ridotto in miseria. Si ritrova prigioniero di un matrimonio con la cugina Romilda, fugge a Montecarlo dove vince una somma di denaro e sul treno che lo riporta a casa legge che un cadavere ritrovato nel suo paese è stato riconosciuto dalla moglie col nome di Mattia Pascal. Il protagonista approfitta della propria morte per crearsi una nuova identità, Adriano Meis. Si stabilisce a Roma, si innamora di Adriana e si rende conto che privo di un'identità agli occhi della società non esiste. Mette in scena il suicidio di Adriano Meis, torna a Miragno dove scopre che sua moglie si è risposata e tutti lo hanno dimenticato. Privo di identità non può far altro che vivere in un limbo, Il fu Mattia Pascal. Aspetto umoristico: porta i fiori alla sua tomba, come se riconoscesse di esser morto secondo quella identità, ma a livello materico esiste ancora

I fatti sono narrati dal protagonista stesso. Fabula e intreccio non coincidono ed il testo assume una struttura circolare in quanto il racconto vero e proprio è incorniciato dai due capitoli iniziali e dal finale. Tutta la vicenda è analizzata attraverso il punto di vista soggettivo del protagonista il quale è suddiviso in tre identità, Mattia Pascal, Adriano Meis e Il fu Mattia Pascal. Il tema centrale è proprio la perdita dell'identità del protagonista, egli si illude di poter sfuggire al peso delle forme ma questa trasformazione lo intrappola solo in una nuova forma che non ha consistenza agli occhi della società. Il protagonista deve ammettere che l'uomo non può vivere né all'interno della forma, che lo opprime, né al di fuori di essa. Notiamo temi tipici della poetica pirandelliana alle quali si aggiungono l'inettitudine del protagonista, Il romanzo rovesciato, il motivo del doppio.


 


UNO, NESSUNO E CENTOMILA


Un monologo in cui il protagonista cerca di liberarsi delle immagini che gli altri hanno di lui, si ritira in un manicomio in mezzo alla natura ricongiunto al libero fluire della vita. L'edizione definitiva è pubblicata tra il 1925 e il 1926 e rappresenta la Summa della propria visione del mondo. La vita del giovane Vitangelo Moscarda viene sconvolta da un’osservazione della moglie che gli fa notare come il suo naso penda verso destra. Da quel momento il protagonista si rende conto della differenza tra l'idea che ci facciamo di noi stessi e le opinioni che hanno gli altri di noi. Capisce di non essere realmente uno, ma centomila persone a seconda di chi lo osserva dunque non ha nessuna vera identità. Inizia a comportarsi in modo bizzarro nel tentativo di distruggere le forme che gli altri gli hanno attribuito. Dona tutti i suoi averi alla chiesa e si ritira in uno spizio dove venendo a contatto con la natura trova la pace.


Vitangelo ha molti elementi in comune con Mattia Pascal, è in conflitto con il padre, si ribella alle forme, non accetta le convenzioni sociali in cui gli altri lo intrappolano. Se Mattia ha un atteggiamento passivo, Vitangelo mostra una ribellione attiva e consapevole. Rifiuta le forme stereotipate che gli vengono attribuite, ma non tenta di costruirsi una nuova identità che sarebbe solo un'illusione. Solo accettando di non essere nessuno riesce a reimmettersi nel flusso della vita in una sorta di comunione con la natura, si annulla come individuo, rinuncia alla civiltà e all'autocoscienza e trova una soluzione utopica che rimanda al pensiero di Nietzsche.


Vi è la destrutturazione delle forme narrative tradizionali, è un racconto narrato a vicenda conclusa e l’io narrante coincide con il protagonista. Gli eventi sono ridotti al minimo e domina l'ossessiva riflessione del protagonista che si auto interroga in una sorta di ininterrotto monologo interiore. Pirandello stesso dichiara che è il romanzo della scomposizione della personalità. Bisogna abolire il soggetto della conoscenza, solo annullando la propria coscienza Vitangelo può fondersi con la natura perché vive senza sentirsi vivere. Un'utopia però può realizzarsi solo a un prezzo molto alto: la rinuncia alla vita associata nella quale è impossibile fare a meno di qualche forma cioè di un'immagine di sé con la quale possiamo illuderci di conoscere noi stessi e di entrare in relazione con gli altri


 


SERAFINO GUBBIO OPERATORE


Il romanzo descrive il mondo del cinema dal punto di vista di un operatore dietro la macchina da presa, denunciando il vuoto dell'esistenza umana nella società delle macchine. Il protagonista, Serafino Gubbio, è un giovane napoletano di professione operatore cinematografico. Viene coinvolto nelle riprese di un film commerciale creato per soddisfare i gusti del pubblico: la donna è la tigre, e avrà come protagonista Varia Nestoroff, donna divoratrice di uomini anche nella realtà. Serafino riconosce in lei la fidanzata di un caro amico che era stato tradito dalla donna con il fratello Aldo Nuti. Mirelli alla scoperta del tradimento si era suicidato. Ora Nuti che Medita vendetta, si fa assumere come attore ed è armato di fucile perché si deve girare una scena di caccia in cui è prevista l'uccisione di una tigre: spara alla Nestoroff saldando così il conto e poi per placare i suoi rimorsi si lascia sbranare dalla belva. Serafino riprende tutta la scena impassibilmente. Portato via dipeso dal set consegna alla produzione un film perfetto destinato a soddisfare completamente le morbosità del pubblico. Lo shock subito lo farà ammutolire per sempre.

In questi sette quaderni ampio spazio è dedicato alla rappresentazione dell'interno del mondo dell'Industria cinematografica e dei meccanismi produttivi in antitesi con la creatività della fantasia e dell'arte. Serafino lascia ampio spazio a quella dimensione del superfluo da cui dichiarava di voler prendere le distanze attraverso un atteggiamento di impassibilità. I quaderni di Serafino Gubbio operatore si offrono come un romanzo da fare, senza certezze nei punti di riferimento oggettivi. Inizialmente il romanzo si chiamava SI GIRA per alludere al movimento rotatorio della mano quello di un operatore che in realtà non opera nulla ed è condannato a servire una macchina con impassibilità. Serafino si sente schiavo della propria cinepresa e registra la freddezza implacabile di un obiettivo. Riesce a vedere la vita dal di fuori, percepisce la visione dell'oltre e la mancanza di senso. Le corrispondenze simboliche tra paesaggio e uomo sono infrante e tra la natura e la società si è aperto una chiusura che neppure la scienza può colmare. Sembra non esserci spazio per l'arte destinata alla mercificazione e all'industrializzazione. Il gesto estremo di Serafino Gubbio sarà quello di scrivere perché la scrittura, come per Mattia Pascal, sarà l'unica forma di resistenza

Il protagonista rappresenta l'uomo alienato, l'uomo moderno, si evince il pessimismo di Pirandello sul destino dell'uomo e dell'artista nell'era della tecnica


 


IL TEATRO PIRANDELLIANO


Pirandello pietra miliare nella storia del teatro d'avanguardia. Decide di guardare alla vita attraverso l’occhio dell’ironia e del paradosso. In questo Pirandello si dimostra autore modernissimo e qui sta la sua attualità e il successo che continua a riscuotere. I testi teatrali di Pirandello sono prima di tutto delle storie paradossali, che riflettono una vita claustrofobica per risolverla in gesti folli e anticonvenzionali, che ribaltano la realtà e deridono l’eccessiva serietà del mondo. Se il mondo è una gabbia, il teatro deve mostrare il momento di ribellione e di disordine che, anche all’interno di una prigione, può cambiare il senso delle cose. Con il suo teatro Pirandello distrugge le convenzioni, elimina la barriera tra realtà e finzione, tra autore e personaggio, tra pubblico e attore.  



TEMATICHE


-MASCHERA: la società è una trappola, una serie di convenzioni che bisogna seguire e che impediscono il libero fluire della vita; unica via di scampo è la follia. TRAPPOLA. REALTÀ/FINZIONE Pirandello fosse ossessionato dal contrasto tra realtà e finzione; la società impone maschere e convenzioni, che sono delle finzioni, attraverso la letteratura e il teatro Pirandello cerca di svelare tali finzioni. UMORISMO


In questi testi l’autore riflette in modo critico sulle caratteristiche e i limiti dell’arte drammatica, sottolineando l’incapacità del teatro tradizionale di rappresentare la complessità della vita è trasportando sulla scena il rapporto tra realtà e finzione, tra persone personaggio, tra follia e presunta sanità: i temi centrali della sua poetica.

Di solito si divide il teatro di Pirandello in tre fasi, ma queste periodizzazioni non vanno mai prese troppo alla lettera, perché temi di una fase spesso convivono con temi di un'altra:  


· Il teatro del grottesco, rappresenta situazioni di vita di tutti i giorni dimostrandone la paradossalità e la contraddizione, approfondendo i temi della maschera e della trappola. Appartengono a questa fase testi come Il giuoco delle parti e Così è (se vi pare).


· Il teatro nel teatro, o metateatro, svela la finzione della rappresentazione teatrale. Famosissima la trilogia del teatro nel teatro, che comprende Sei personaggi in cerca d’autore, Questa sera si recita a soggetto e Ciascuno a modo suo.


· Il teatro del mito, tipico degli ultimi anni, tratta tematiche arcaiche e predilige l’elemento fantastico, come ne I giganti della montagna.





COSI’ È SE VI PARE


Sviluppa qui uno dei temi a lui più cari, l’impossibilità di definire cosa sia veramente la realtà. Segna il passaggio da un teatro ancora tradizionale ad una nuova produzione che sfocerà poi nell’approdo al metateatro.


La vicenda inizia in modo apparentemente normalissimo, nel paesino di Baldan aggiunge un nuovo segretario di prefettura, il signor Ponza, sua moglie e la suocera, la signora Frola. Quest’ultima prende alloggio in un appartamento sottostante a quello in cui abitano i due giovani sposi e le due donne comunicano tra loro solo grazie a dei biglietti, senza mai incontrarsi. La gente del paese inizialmente crede che ciò sia dovuto ai cattivi rapporti tra suocera e genero, ma la realtà si rivela molto più complessa e inafferrabile. Dopo un susseguirsi di colpi di scena, ognuno dei due protagonisti fornisce la propria versione ma la verità è destinata a rimanere inconoscibile.


 


SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE


Un dramma che riflette sui meccanismi e i limiti dell'arte teatrale. Pirandello crea una situazione paradossale che rivela l'incapacità della finzione teatrale di riprodurre la vita. Il dramma si svolge in un teatro in cui una compagnia sta provando una commedia di Pirandello, il giuoco delle parti. Improvvisamente si presenta una strana famiglia: essi non sono persone ma personaggi, concepiti dalla mente di un autore che non ha mai finito di scrivere la sua opera. Questi si rivolgono al capocomico per chiedere che venga rappresentato il loro dramma. La madre abbandonato il marito e sente un altro uomo con cui avuto tre figli. Alla morte di quest’uomo induce la figliastra a lavorare nella sartoria di Madama Pace, che in realtà è un bordello. Senza riconoscerlo ragazza riceve il padre come cliente, sfiorando l’incesto. Il padre raccoglie in casa tutta la famiglia ma tra continui litigi la tragedia: la bambina cade in una vasca del giardino e annega, mentre il giovinetto si suicida.

Di fronte al tentativo degli attori di interpretare questi sei personaggi essi non si riconoscono nella messinscena che appare falsa. allora questi tentano di sostituirsi agli attori e di rivivere sulla scena la propria tragedia, fino al fino all’aperto in cui realtà e fantasia sembrano fondersi. Il capocomico spaventato ordine che si accendono le luci e si interrompa la finzione, mentre il padre ribadisce: “ma che finzione! Realtà, realtà, signori“.

Il dramma portato sulla scena non consiste nella dolorosa vicenda di cui sono protagonisti i 6 personaggi, ma sta nell’impossibilità della sua scrittura e della sua rappresentazione teatrale. Nella visione pirandelliana il personaggio è molto più bello delle persone reali: una volta concepito dalla fantasia dell’artista diviene autonomo indipendente ed è destinato a vivere in eterno.

Nei sei personaggi in cerca d’autore questi non si riconoscono cosi come non si riconoscono nella la recitazione stereotipata degli attori perché ognuno vive la sua realtà in modo soggettivo. In questa totale incomunicabilità consiste il nucleo concettuale dell’opera, Che si propone come riflessione del teatro su sé stesso, ovvero come metateatro e sull’incapacità di offrire una rappresentazione oggettiva della realtà. Quindi cade la quarta parete ovvero quel distacco tra pubblico e palco: manca il sipario, non esistono costumi, gli attori si muovono liberamente mescolandosi col pubblico. Vengono svelati i meccanismi teatrali. Ne nasce una sorta di smascheramento della finzione scenica mostrata per quello che secondo Pirandello in realtà è: un inutile tentativo di ridurre a forma stereotipata la mutevolezza della vita.




ENRICO IV


Il dramma in tre atti Enrico Quarto propone una riflessione sulla dialettica tra apparenza e realtà, tra pazzia e sanità. La vicenda si svolge in una cornice da tragedia classica nel rispetto delle unità aristoteliche di tempo spazio e azione.

In un castello vive un uomo che, in seguito ad una caduta da cavallo durante una festa in costume, Ha perso la memoria e si è identificato con Enrico Quarto di Germania. Dopo 12 anni di reale follia, l’uomo ha ritrovato la ragione ma ha continuato a fingersi pazzo. Il dramma inizio quando la donna amata da Enrico Quarto, giunge al castello con il suo nuovo amante Belcredi, la figlia Frida e il fidanzato Carlo di Nolli. Intuiscono che l’uomo simula soltanto la sua pazzia e con l’aiuto di un medico escogitano uno stratagemma: Frida, che somiglia moltissimo a Matilde, si presenterà lui mascherata come la madre il giorno dell’incidente. L’incontro suscita un trauma in Enrico, che ammette la verità ma sconvolto, subito dopo colpisce a morte belcredi, suo rivale in amore e rientra per sempre nella sua follia.

Al centro del dramma si pone il tema della follia come mezzo per sfuggire alle costrizioni della forma e alle convenzioni sociali. Deluso dalla vita e frustrato nel suo amore per Matilde, accetta consapevolmente di apparire pazzo, trovando rifugio dall’instabilità della vita. La differenza tra Enrico e le persone sane di mente sta soltanto nella sua maggiore consapevolezza, quindi nella capacità di riconoscere che la propria vita si risolve in una mascheratura.


 


LE NOVELLE PER UN ANNO


Nel 1922 Pirandello riunisce tutte le sue novelle in un'unica opera intitolata novelle per un anno nella quale i racconti sono disposti alla rinfusa formando un testo aperto, privo di un'unica chiave di lettura e questo sembra alludere allegoricamente alla caoticità della vita stessa impossibile da interpretare in maniera unitaria. In una prima fase le novelle sono ambientate in Sicilia della quale si analizza la componente mitica e folclorica per deformare i personaggi in senso grottesco. Successivamente ci si sposta in un'ambientazione cittadina, romana, per rappresentare gli ambienti della piccola borghesia. Emergono tematiche tipiche dell'autore come le convenzioni sociali, la trappola della famiglia, l'alienazione, il relativismo conoscitivo. Negli ultimi scritti invece Pirandello analizza vicende fantastiche e surreali in cui denuncia l'insensatezza della vita. La struttura ricorrente delle novelle è basata su un attacco improvviso e spiazzante e spesso è impossibile stabilire verità certe sul comportamento dei personaggi. Il linguaggio è fondato sull'imitazione del parlato, sono frequenti tratti espressionistici e grotteschi, si adoperano dialoghi e il discorso indiretto libero.


 


LA PATENTE


I protagonisti de La patente sono il giudice D’Andrea e un modesto impiegato del monte dei pegni, tale Rosario Chiarchiaro, licenziato perché sospettato di essere uno iettatore. L’uomo ha poi sporto denuncia presso la magistratura contro due giovani, che al suo passaggio avrebbero fatto il classico gesto di superstizione popolare delle “corna” per allontanare il malaugurio. Il giudice D’Andrea si trova allora di fronte ad un caso paradossale, dato che, in quanto esponente della legge e della razionalità, non può certo credere all’esistenza della sfortuna né può tutelare in alcun modo gli interessi di Chiarchiaro che, a causa delle malelingue del paese, oltre ad aver perso il posto di lavoro, non riesce a far sposare le figlie ed è costretto a tenere segregata in casa l’intera famiglia

La situazione, fortemente intrisa dell’umorismo pirandelliano e dell’amaro pessimismo esistenziale dello scrittore, si complica ulteriormente quando Chiarchiaro è convocato in tribunale per dare la sua versione dei fatti: anziché difendersi o ritirare la denuncia, il protagonista pirandelliano, vestitosi per giunta da autentico menagramo, reclama con forza e convinzione di andare a processo, e anzi di poter ottenere un riconoscimento - una “patente”, appunto - del suo status di portasfortuna. L’analisi di Chiarchiaro è tanto acuta quanto spietata; se il mondo gli ha imposto, nella sua rozza ignoranza, una “maschera”, tanto vale accettare di propria volontà questa “parte” teatrale, fino a ricavarne il giusto tornaconto economico.

Sono quindi centrali, nella Patente, le tematiche pirandelliane della moltiplicazione della personalità umana e della contraddittoria libertà che ci deriva dall’assumere un travestimento sociale di fronte agli altri (per quanto questo ci possa sembra assurdo ed irrazionale).

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