Vita e opere di Paul Gaugin ( Arte )





PAUL GAUGIN (1848 Parigi – 1903 Isole Marchesi, Polinesia)


Gaugin è più giovane di Seurat e Cezanne, nato nel 1848 a Parigi (fu più longevo di Seurat). È nato a Parigi, lo possiamo definire francese, ma si considerava un cittadino del mondo, uomo che ha molto viaggiato, ha fatto del viaggio l’esperienza primaria della sua vita e anche della sua arte: tanto è vero che è morto nelle isole MARCHESI, parte remota del mondo, in Polinesia, oceano Pacifico, lontano dalla Francia.

Il suo destino era quello di viaggiare e questo destino lo ha coinvolto immediatamente perché l’anno dopo la nascita, nel 49, la famiglia si trasferisce in PERÙ, dove ha trascorso tutta l’infanzia lì. Il Perù era stata una colonia spagnola e in particolare la madre era un’aristocratica, figlia di una scrittrice che l’aveva avviata agli studi letterari, e la famiglia era di origine spagnola con proprietà immense in Perù e grandi ricchezze. Il padre era un giornalista francese abbastanza noto che morì durante il viaggio: fu allevato solo dalla madre, ma nonostante ciò ha trascorso l’infanzia serenamente (come lui stesso ci dice, nei suoi scritti perché figlio di giornalista e scrittrice, dunque era molto intellettuale). Dopo ritorna in Francia. La madre si trasferisce prima in Germania, poi finisce le risorse economiche (divenuta vedova, non lavorava) e viene ospitata a Parigi da un finanziere parigino con cui intreccia una relazione. A Parigi, il compagno della madre consente a Gaugin di entrare in una compagnia finanziata molto importante, la compagnia BERTIN, agenzia di cambio monetario che si occupava di cambio di moneta e di investimenti, e Gaugin lavora come AGENTE DI CAMBIO divenendo abbastanza facoltoso, nel 1871.Inizia ad interessarsi come collezionista di arte contemporanea: in particolare colleziona i dipinti impressionisti (Monet, Renoir) che conserverà nella sua collezione. Inizia ad amare la pittura e ad un certo punto inizia a dipingere da autodidatta, un po’ imitando gli impressionisti. Rispetto a Cezanne e Seurat, Gaugin è autodidatta perché non ha seguito nessun corso di pittura né un’accademia. 


Esempio è un dipinto del 1875, una veduta della Senna innevata (The Seine at the pont d’Iena), un’opera semplice, ingenua, senza regola, ma che aveva una sua qualità, nonostante fosse realizzato da autodidatta.

Nel 76 un suo dipinto viene ammesso al SALON di Parigi, luogo più ambito dai parigini (se si era ammessi con una propria opera lì, voleva dire che si poteva ottenere anche un certo successo economico). Nel 79 partecipa di nuovo e successivamente partecipa a 2 mostre impressioniste: 79 e 86. Presenta lo “STUDIO DI NUDO”, dipinto impressionista a tutti gli effetti. A quel punto Gaugin viene già definito pittore impressionista, un maestro, nonostante non avesse una vera e propria formazione (se non che si era formato copiando dipinti impressionisti o con dritte di Pissaro, amico e pittore impressionista). Questo dipinto piacque molto ad alcuni scrittori, come JORIS KARL HUYSMANS, scrittore francese molto importante, rappresentante del simbolismo francese (ha scritto la famosa BIBBIA DEL SIMBOLISMO E DEL DECADENTISMO FRANCESE, il romanzo si intitolava A REBOURS, A RITROSO, controcorrente, uno dei romanzi più famosi del simbolismo francese. Vide questo dipinto e disse che lo aveva colpito perché Gaugin si presentava con un temperamento molto moderno e veemente nella sua cruda verità: il modo forse un po’ violento di aver rappresentato la donna senza idealizzazione (ventre un gonfio), apprezzò il suo realismo.


Improvvisamente, nel 1883, per Gaugin cambia la sua fortuna, perché la Francia è interessata da una bruttissima crisi finanziaria, il crollo della borsa di Parigi, uno degli episodi più celebri di crolli del sistema finanziario moderno. Fu rappresentata in dipinti con alcuni borghesi ed investitori strappano titoli di credito: le azioni della borsa vennero stracciate perché perdono tutto il loro valore. Ci fu prima una crisi finanziaria, poi una economica: l’agenzia di cambio BARTIN chiuse. Gaugin si ritrovò disoccupato. Intanto si era sposato con una donna danese nel 73, e aveva 5 figli a cui doveva badare. Non voleva cercare un nuovo lavoro, ma pensò di seguire la strada dell’arte: approfittò di questa situazione familiare per cambiare vita. Si separarono, abbandonò moglie e figli per seguire l’arte così inizia la carriera di Gaugin.


Nell’85 si dedica non solo all’arte, ma anche al viaggio: inizia a viaggiare per il mondo, senza mai trovare un luogo stabile per la sua vita perché si sentiva in dovere di doversi spostare per rinnovare la sua formazione artistica e culturale.

Primo viaggio: Bretagna, zona a nord della Francia, a Pont a Ven, località molto famosa perché qui la comunità era una comunità di contadini, molto religiosa e con un legame con la terra, con il mestiere dell’agricoltura e del territorio molto stretto, soprattutto legame forte con le tradizioni medievali (conservate in questa comunità rimasta isolata all’industrializzazione). Avevano preservato la propria originalità, vivevano all’antica (tradizioni, terra, fede). Gaugin decise di andare lì perché aveva un amico, Emile Bernard, che ha dipinto nell’88 “Donne bretoni sul prato”, proprio mentre Gaugin era con lui. Loro 2 inventano un nuovo stile nella pittura, che si vede già qui, dove le donne bretoni indossano un abito tradizionale, medievale, con una cuffia bianca e un coprispalle su un abito nero, abito tipico fin dal medioevo (questa comunità viveva ancora di tradizione anche nell’abbigliamento). Gaugin in Bretagna ed è affascinato da questa comunità perché divenne uno degli esponenti di una nuova visione in contrapposizione all’imperialismo e al colonialismo francese che voleva modernizzare e civilizzare i popoli con la propria cultura moderna e industriale. Gaugin voleva cercare di tornare indietro per recuperare una maggiore genuinità nel modo e stili di vivere, rimasti fuori dalla corruzione del mondo industriale, qui bisognava cercare la maggiore autenticità negli stili di vita e tradizioni: nasce il SINTETISMO (che ebbe come padre Gaugin appunto). Il sintetismo si vede nel dipinto delle donne bretoni ma anche nell’opera di Gaugin.


- 1887: Panama e Martinica (isola delle Antille, possedimento francese nell'arcipelago dei Caraibi). 

- 1888 visse per un breve periodo ad Arles assieme a Vincent van Gogh, che sognava una comunità di artisti nel meridione francese: “l'Atelier del Mezzogiorno”. 

- Fino al 1890 risiedette a Pont Aven e a Le Pouldu, sempre in Bretagna.

- dal 1891 al 1893 a Tahiti (nella Polinėsia francese, nel mezzo dell'Oceano Pacifico)

- 1894 a Pont-Aven 

- 1895 parti per il suo ultimo e definitivo viaggio per Tahiti e le Isole Marchesi (Polinèsia). Qui, per essersi opposto alla politica razzista del governatore francese, fu condannato al carcere, dove mori nel 1903, disperato, solo, stanco e malato. 

Anche per Gauguin gli inizi furono impressionisti (era amico di Degas), ma già dal 1888 il suo modo di dipingere era completamente cambiato. I colori erano dati per ampie campiture piatte e, più che dei colori complementari, Gauguin faceva uso di quelli primari: rosso, giallo, blu.  scriverà anche un libro (“Ancien Culte Mahorie”).




“LA VISIONE DOPO IL SERMONE” (1888, Edimburgo National Gallery)

(opera coeva al Grano nero di Émile Bernard)


Tipico dipinto dell’arte di Gaugin perché emerge la visione sintetista: per Gaugin la sintesi era la semplificazione della forma. Ad esempio, le donne, l’albero sono contornate (con contorno preciso e sicuro) e semplificate, conservando un certo realismo. Sintetismo significa anche mettere insieme, integrare, sintetizzare, culture diverse: la pittura di Gaugin era diversa da quella di Cezanne perché era una sintesi tra tradizioni culturali diverse: qui c’è sia quella bretone (che possiamo notare dalle donne con abito e copricapo che mostra la loro religiosità rispetto all’immagine sul fondo), sia quella culturale artistica molto diversa: la tradizione giapponese, l’arte orientale. Come gli altri post-impressionisti era molto amante delle stampe e pittura giapponese dell’800. Uno dei famosi dipinti giapponesi è quello di HOKUSAI (“Il fiume Tama nella provincia di Musashi”) con contorni molto sottili, ma netti, i colori uniformi, non molto realistici: il tutto è trasportato verso una dimensione fiabesca (tipico della pittura giapponese). Gaugin la riporta nella tradizione bretone come se facessi una sintesi molto strana che notiamo in particolare nell’albero che taglia trasversalmente la scena. Questo è tipico del paesaggio giapponese, come la costa e il mare visto da un punto di vista rialzato (tipico dell’arte giapponese che cercava punti di vista diversi nella stessa immagine). Aggiunge anche la tecnica della vetrata medievale, o dell’incisione sul legno medievale: è come se avesse dipinto in pittura qualcosa che è più vicino a una vetrata o a un gioiello, incisione medievale. 


I colori che adopera sono famosi perché non sono naturalistici: qui la spiaggia è rossa (oppure cristo e montagne gialle): ha modificato alcuni colori per avere un significato simbolico: voleva dare risalto a quel colore, se avesse usato lo stesso colore della natura, nessuno lo avrebbe notato. Valore simbolico: vuole far concentrare la nostra attenzione in un certo punto dell’immagine, ad esempio ne “la visione dopo il sermone” sui due uomini che lottano. Si tratta di un racconto biblico molto letto e conosciuto: Giacobbe, patriarca del popolo ebraico, durante un viaggio, una notte incontra un uomo misterioso con il quale lotterà per tutta la notte. Alla fine la mattina questo uomo gli dice di essere un Angelo del signore e gli da la vittoria, gli concede l’onore delle armi. Gaugin rappresenta questa famosa legenda biblica, che simbolicamente rappresenta il rapporto burrascoso tra l’uomo e Dio. Le donne bretoni hanno questa visione dopo aver sentito il parroco che parlava di tale episodio. Il rosso serve a mettere in evidenza la parte visionaria del dipinto, che non appartiene alla realtà, ma allo stesso tempo rappresenta la violenza, l’emotività: perciò la sabbia diviene rossa per essere la rappresentazione della violenza e della lotta.





IL CRISTO GIALLO, 1889, Albright-Knox Art Gallery di Buffalo


Dall'amico Émile Bernard, conosciuto in Bretagna nel 1888, Gauguin apprende il cloisonnisme, la tecnica consistente nel contornare con un marcato segno nero oggetti e personaggi dipinti e nel riempire lo spazio cosi definito con il colore, a similitudine del cloisonné impiegato nelle vetrate gotiche multicolori e nell'oreficeria medievale, in particolare negli smalti, aveva un forte valore espressivo. Infatti il colore uniforme, senza sfumature o variazioni di tono, rende piatto il dipinto. Gauguin, quindi, recupera, come valore, la bidimensionalità della pittura che, a questo punto, può anche fare a meno di ogni illusionismo prospettico, sia geometrico sia cromatico. Il Cristo giallo del 1889 è ancor più una potente dimostrazione delle nuove idee di Gauguin. Il dipinto raffigura alcune donne brètoni nei loro costumi tradizionali, inginocchiate ai piedi di uno dei tanti crocifissi lignei nei quali è facile imbattersi ancor oggi nelle frazioni rurali della Bretagna. Le colline sono gialle, gli alberi dalla chioma fiammeggiante di un rosso vivo, (a suggerire il periodo autunnale) e il Cristo, contornato in nero e verde, è totalmente giallo. L'uguale cromia di Cristo e delle colline sta a indicare l'intima essenza religiosa dei Bretoni e l'uguale attaccamento al dio-uomo e alla propria terra delle donne in preghiera attorno al crocifisso. In questo, come negli altri dipinti di Gauguin, non è ravvisabile solo il recupero della bidimensionalità, che si giova anche di una precisa struttura geometrica (il margine di destra del legno della croce coincide con la mezzeria della tela, mentre tutte le figure sono nella metà inferiore del dipinto e alla sinistra di una delle due diagonali), ma vi è anche resa evidente l'importanza rivestita dal colore, per la sua non corrispondenza a quello oggettivo. Assieme all'antinaturalismo e alla tecnica del cloisonnisme è ancora da sottolineare l'essenzialità del paesaggio e delle figure dai tratti appena abbozzati, figure semplificate, riassuntive, sintetiche. 

Sintetismo è infatti il termine che lo stesso Gauguin affiancò a Impressionismo quando nel 1889, approfittando dell'Esposizione Universale, organizzò una mostra (che non ebbe successo) del «Gruppo impressionista e sintetista» che si collocava in aperta opposizione ai Neoimpressionisti.





DA DOVE VENIAMO? CHI SIAMO? DOVE ANDIAMO? 97-98, Museum of fine arts Boston


Dipinto carico di simbolismo, va avanti rispetto all’impressionismo nella direzione dell’espressionismo e del simbolismo, fu anche il padre del sintetismo. 

Poco prima di un tentativo di suicidio (fine dicembre 1897), Paul Gauguin aveva iniziato a lavorare a una tela di grandi dimensioni che avrebbe dovuto essere una sorta di testamento spirituale, conclusa nel giugno 1898, in Polinesia. Si tratta di un dipinto molto più esteso in lunghezza che in altezza, tanto da poter essere paragonato a una sorta di grande fregio classico. I bordi superiori della tela recano a destra la firma e la data d'esecuzione, a sinistra il titolo sul fondo giallo oro di un triangolo mistilineo. Nelle intenzioni dell'artista, infatti, il dipinto doveva suggerire l'effetto di un affresco con gli angoli rovinati, realizzato su una parete d'oro. In una radura vi sono 12 persone, 6 animali e la statua di una divinità con le braccia sollevate. I personaggi sono disposti secondo uno schema a doppia piramide in sequenza, che stabilisce dei rapporti armoniosi tra le varie componenti. Queste, infatti, a una prima osservazione potrebbero sembrare parti di episodi separati. L'ambiente circostante è costituito da alberi dai tronchi e dai rami azzurri contorti, una linea blu (a sinistra) segna l'orizzonte lontano e, allo stesso tempo, il limite di uno specchio d'acqua e l'innalzarsi di montagne. Il verde, il rosso, il giallo e l'azzurro definiscono l'accordo cromatico del dipinto. Alcuni significati simbolici risultano evidenti, ad esempio la nascita, la vita e la morte rappresentate rispettivamente da un bambino (all'estremità destra), da giovani donne e da una vecchia (all'estrema sinistra). Lo stesso titolo ripropone i grandi quesiti della storia dell'umanità Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Sono questi, forse, l'oggetto dei discorsi delle due figure in rosso porpora che camminano appaiate mentre quella di destra cinge le spalle della compagna. L'espressiva figura eretta che coglie un frutto da un albero, la più luminosa dell'intero dipinto, l'unica maschile in una narrazione tutta al femminile, può rappresentare l'uomo che coglie nel momento più esaltante della propria vita, quello della giovinezza, il frutto prezioso e la parte migliore dell'esistenza, come pure può rinviare al concetto ebraico-cristiano della caduta, del peccato. Il dipinto, allora, cercherebbe la sintesi tra elementi religiosi occidentali e credenze orientali (l'idolo azzurro sullo sfondo). La vecchia stanca e rassegnata, che si regge sconsolatamente la testa con le mani, pare, invece, riflette sulla sua vita passata, sui rimorsi e i rimpianti, le gioie e i dolori.


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