Vita e opere di Lucio Anneo Seneca ( Italiano )





VITA E SIGNIFICATO SUICIDIO A ROMA


La vita di Seneca è sicuramente sotto il segno della grandezza ma anche dell'incoerenza. Fu uno dei personaggi più potenti dell'impero e morì con la dignità e il coraggio che si addicevano al suo ruolo di filosofo e intellettuale. Nascondeva però delle ombre: era avido di ricchezza e potere, spregiudicato, non applicava alla sua vita ciò che predicava. Non si dedicò al otium letterario ma si immerse nella vita pubblica operando con l'obiettivo di rendere migliore il potere che cercava di servire. Nacque a Cordova, colonia romana in Spagna, era figlio di un famoso retore e zio del poeta Lucano, apparteneva alla ricca classe provinciale che in quel tempo era il cuore della forza di Roma. Trasferitosi a Roma ricevette un'educazione letteraria accurata con uno dei più grandi maestri storici, il filosofo Attalo. Soffriva di attacchi di asma e più di una volta pensò al suicidio. Nel 31 d.C. ebbe inizio la sua carriera politica divenendo questore, grazie alla sua eloquenza entrò in Senato suscitando la gelosia di Caligola, il quale pensò di farlo uccidere. Fu salvato da un'amica del principe che fece notare a Caligola come la sua salute comunque lo avrebbe portato a morire presto. Messalina fu invece una donna che tentò di rovinarlo perché convinse Claudio, marito ed imperatore, ad esiliare Seneca con l'accusa di essere coinvolto nell' adulterio di Giulia Livilla. Seneca fu esiliato in Corsica dove rimase per 8 anni. Donna che invece lo risollevò era Agrippina minore, sorella di livilla, una persona energica, intelligente e amorale. Convinse Claudio a graziare Seneca che nel 49 tornò a Roma. Ella voleva fare di Seneca solo uno strumento per la conquista del potere e dunque lo nominò precettore di Nerone, figlio di primo letto di agrippina. Quando Nerone divenne imperatore, Seneca era suo consigliere e scrisse un opuscolo satirico pieno di scherno, l’ Apokolokyontis Divi Claudii in cui derideva l'imperatore defunto. Scrisse per Nerone dunque la laudatio funebre che il nuovo imperatore lesse tra i senatori provocando il riso. I primi 5 anni dell'impero neroniano furono il quinquennio felice e sicuramente Seneca era noto per essere un filosofo tra gli uomini più influenti dell'impero dunque ebbe modo di arricchirsi. Quando Nerone però uccide la madre ed inizia circondarsi di uomini di livello intellettuale e morale inferiore ai sui precedenti consiglieri, per dare sfogo ai suoi atteggiamenti populisti, Seneca decise di allontanarsi. Nel 65 fu scoperta una congiura contro Nerone nel quale Seneca rimase implicato e l'imperatore gli inviò un centurione a ordinargli il suicidio. Seneca si suicidò mentre la moglie Pompea implorava di poterlo seguire in morte. La sua fine fu penosa perché si recise le vene dei polsi ma il sangue usciva troppo lentamente a causa della vecchiaia, beve della cicuta che risultava inefficace, si fece immergere nell'acqua calda per favorire l'emorragia ed infine chiese di essere portato in un bagno a vapore dove morì soffocato.


Il SUICIDIO a Roma rientrava in una visione di totale devozione verso lo Stato. Era un sacrificio che rispecchiava un approccio alla morte analogo a quello dei kamikaze giapponesi, i piloti che durante la Seconda Guerra Mondiale si lanciavano sul nemico con l'aereo imbottito di esplosivo. Con la trasformazione della civiltà romana e la perdita dei Mos maiorum, il suicidio assunse una forma sempre più legata alla scelta personale, alla volontà di non vivere più un'esistenza sentita come inaccettabile. Nasce così l'ideale del suicidio stoico, il saggio aveva il diritto e il dovere di togliersi la vita qualora la lotta che conduceva contro i condizionamenti imposti dalla realtà esterna fosse divenuta inutile e impossibile. Dunque era un atto virtuoso, nobile: il saggio decideva razionalmente di non vivere più. Esempi di suicidi stoici sono quelli di Seneca e Petronio che perduta la fiducia del Princeps scelgono di morire, scelgono la bella morte, l'estetica della fine, l'unico strumento per conservare l'onore e la rispettabilità. La morte in questo caso è un’estrema rivendicazione di libertà, il rifiuto aristocratico di sottostare a qualsiasi padrone. Modello del suicidio è sicuramente quello di Catone Uticense, avversario di Cesare che aveva preferito morire gettandosi sulla spada piuttosto che tradire i propri ideali. Nel suicidio possiamo trovare anche aspetti pratici: poteva essere l'unico modo per conservare il patrimonio o sottrarsi allo scempio del cadavere, dunque permettere la sepoltura.




LE OPERE (IN GENRALE)


Seneca fu unzoratore eccellente che si distinse particolarmente nel pensiero. Le sue opere filosofiche furono raccolte nei dialoghi, trattati destinati alla divulgazione del suo stoicismo. Tra le altre opere abbiamo il De Beneficiis, il de Clementia, 124 epistulae Morales ad Lucilium (contengono la sintesi del pensiero morale di Seneca), le naturales quaestiones (trattano di problemi scientifici e furono composti nell'ultimo periodo della sua vita), 9 tragedie di argomento mitico derivate da modelli Greci (coturnate), 1 tragedia di argomento Romano (pretexta, chiamata Octavia) e l'opuscolo satirico chiamato Apokolokyntosis (si rifà al genere della satira menippea, composto in occasione della morte di Claudio. Dal greco apotheosis, apoteosi divinizzazione e kolokynta, zucca per suggerire una parodia della divinizzazione di Claudio).




SENECA STOICO E FOCUS SULLO STOICISMO


Di Seneca e della sua filosofia è stato detto molto dai posteri: Quintiliano lo descrive come un filosofo non sistematico, ma dalla profonda dottrina morale: in essa si trova la grandezza del pensiero di Seneca. La filosofia per Seneca non era un esercizio del pensiero, ma parte della vita, un dialogo continuo con sé stessi, un modo di essere. Voleva servire gli uomini e non chiudersi nel Otium perciò seguì lo stoicismo che consentiva sia di ricercare la sapienza sia essere un uomo di azione. Gli stoici si sentivano, in quanto filosofi, al servizio della società e dell'umanità in generale. È difficile però coniugare potenza e filosofia: Seneca dovette misurarsi infatti con il dispotismo e la crudeltà di imperatori come Caligola e Nerone. La sua massima ambizione era quella di essere un uomo libero nell'anima ma anche un buon romano, un fedele servitore dello Stato. Divenne un uomo di ingegno straordinario, guida del Senato, scrittore, magistrato e anche maestro di un imperatore: scegliendo la filosofia stoica poté giustificare e nobilitare la sua azione a livello politico e letterario. I suoi scritti riguardano molto l'esistenza umana, il progresso dell'anima, la posizione dell'intellettuale nella società perché il fine della filosofia stoica è la saggezza. Il filosofo è colui che ha imparato ad essere saggio, non si lascia turbare dalle circostanze, si mantiene fermo nell'anima: è dunque un vir bonus. Seneca si concentra più sulla prassi che sulla teoria perché nella prassi che si trova la saggezza. Conversando con uomini buoni e imitandoli nell'azione, si educa la propria anima alla moderazione e alla forza. Solo in questo modo un uomo raggiunge la serenità d'animo e attraverso di essa la sapienza acquistando valori come amicizia, dovere, senso del tempo. La natura che non è considerata, come in Epicuro, un prodotto di leggi meccaniche, bensì un insieme vivente. Essa è progettata da una mente divina, Il logos, ragione, da cui tutto dipende e che grazie ai suoi sensi percepisce ogni punto del suo corpo proprio come l'anima umana. È la stessa che deve dominare l'uomo che attraverso essa può rimuovere le cause che stravolgono il giudizio (ignoranza e cedimento all’ irrazionalità). Punto focale della dottrina di Seneca è il tempo: per lui tutto è in evoluzione e in cambiamento. L'uomo anche se microscopico deve sentirsi un centro in questo scorrere. Il tempo è l'unico bene del quale l'uomo dispone e non deve venire sprecato in attività inutili, deve essere investito per il miglioramento di sé. Ogni istante deve essere speso utilmente, non importa la lunghezza della vita, ma la sua qualità.


Roma subì un’ellenizzazione della cultura tramite filosofi greci in viaggio e dunque portarono teorie circa la felicità individuale e il suo raggiungimento mediante l'eliminazione di tutte le fonti di turbamento. Queste filosofie ellenistiche (tra cui lo stoicismo) furono arricchite dai Romani attraverso la propria sensibilità a temi etici e politici. Il fondatore dello stoicismo fu Zenone che con Cleante e Crisippo era il rappresentante dell'antica Stoa. La fase matura dello stoicismo si raggiunge a Roma con Seneca e Marco Aurelio, le cui dottrine incitano a vivere secondo natura che equivale a vivere secondo ragione. Il sommo bene è la virtù che permette all'uomo di fare le scelte migliori per ottenere la felicità allontanando da sé le passioni: bisogna dedicarsi alla cosa pubblica per giovare alla comunità degli uomini e nei casi estremi il saggio può rivendicare la sua libertà con il suicidio.



CONSOLATIONES


Ne scrisse 3 che risalgono al periodo in cui era in esilio in Corsica o addirittura precedente: dunque opere abbastanza giovanili che si pongono tra la retorica e la parenesi (ammonimento morale). Sono piene di luoghi comuni sulla sventura, sui capricci del destino e vi è l'idea di fondo che il dolore appartiene all'uomo, non può essere evitato, ma abbandonarsi ad esso è una colpa perché la ragione e il giudizio ci devono allenare alla sofferenza. Sotto questo punto di vista la morte può essere un bene perché libera l'anima dalle catene del corpo

- Consolatio ad Marciam: rivolta all’aristocratica Marcia per la perdita del giovane figlio Metilio. Notiamo un forte spirito anti tirannico e risalta l'idea che la morte è pietosa se impedisce a un uomo di vivere in tempi terribili. Vi è anche il ricordo del bene passato che deve consolare il male presente.


- Consolatio ad Helviam matrem per confortare sua madre per le sventure che gli sono capitate, come l'esilio che Seneca considera un cambiamento di luogo: non può turbare la serenità dell'uomo perché ciascuno ha con sé sempre il proprio animo e le proprie virtù.


- Consolatio ad Polybium indirizzata al liberto di Claudio, Polibio per consolarlo della perdita di un fratello, è piena di adulazione perché Seneca sperava di trovare in lui un appoggio per essere richiamato a Roma.



TRATTATI


Seneca si concentra sul controllo razionale.


- De ira: affronta l'argomento dell'uomo che lasciandosi trasportare dalla collera diviene un animale feroce, si riferisce all’ira come una pazzia momentanea causata da un impetus automatico, essa però subentra quando nasce la consapevole volontà di nuocere agli altri: bisogna dimostrare che l'offesa per il saggio non esiste ed egli deve rendersi imperturbabile.


- De constantia sapientis: Seneca afferma che bisogna non far prendere il sopravvento da nessuna offesa, tutto dipende dalla giusta valutazione delle cose e della ragione che tiene a freno le passioni.


- De tranquillitate animi: dedicato all'amico Sereno, i temi principali sono gli esercizi spirituali, rimedi all'animo inquieto che prevedono la frequentazione di uomini buoni, l'allontanamento da quelli nefasti, l'impegno per il bene comune, l'allontanamento dai piaceri.


- De vita beata: parla della saggezza come capacità di farsi guidare sempre dalla ragione. Il giudizio può essere influenzato dall'ignoranza e dal cedimento agli impulsi: il filosofo deve lottare contro questi due nemici esercitando con forza e fermezza il suo giudizio.


Il concetto di PROVVIDENZA appare in Seneca nella visione della natura come una grande mente che governa il tutto e che tutto abbraccia, nulla avviene per puro caso o contro la sua volontà.


- De Providentia: contiene la spiegazione del male e dell'ingiustizia, si concentra sul problema delle sventure che toccano ai buoni. Anche i buoni affrontano le ingiustizie come prova della loro virtù e questo dimostra l'esistenza della Provvidenza. Dio ha dato all'uomo uno strumento per sfuggire alle sventure, il suicidio, perciò Seneca cita Catone uticense che si suicidò per non rinunciare alla libertà.


- De brevitate vitae: Seneca afferma che il senso della vita non sta nella durata ma nella sua qualità e dipende dalle scelte etiche. Nessuna vita è veramente breve se riempita di significato. Ci sono persone vittime del tempo, gli occupati, riempiono le giornate di attività futili, il Sapiens invece è capace di dominare il tempo perché sa utilizzare consapevolmente i giorni del destino.


Notiamo un Seneca naturalista nelle naturales quaestiones, un compendio di storia naturale in cui parla anche di problemi geografici e fa una sintesi di conoscenze scientifiche. Secondo Seneca lo studio della natura migliora l'anima perché libera l'uomo dalle superstizioni che gli vengono dal non conoscere le cause dei fenomeni naturali.


Abbiamo anche i trattati circa le virtù politiche, lo scopo del potere e l'organizzazione della società.


- De clementia: riprende il concetto di clemenza e fa di questo trattato un manifesto sui rapporti tra filosofia e potere. Notiamo un profondo stoicismo nella visione che così come il logos governa l'universo, allo stesso modo in uno stato il monarca deve assicurare la pace e la prosperità ispirandosi alla ragione. Bisogna praticare giustizia, moderazione In modo tale che gli uomini, animali ribelli accettino l'autorità del sovrano.


- De Otium: Seneca fa una lode e una giustificazione alla vita intellettuale, il sapiente deve essere utile agli altri e a sé stesso: migliorando sé stesso migliorerà indirettamente gli altri.


- De Beneficiis: tratta un problema di coscienza e risponde alle domande se è giusto essere grati per un beneficio ricevuto da un malvagio. Da questo trattato derivano le esperienze personali avute con Nerone.


 


EPISOLE A LUCILIO


Fu l'ultima opera di Seneca scritta tra 62-65, si tratta di 124 lettere che rappresentano una sorta di diario privato e sono un testamento spirituale dove vi è la Summa di tutta la dottrina senecana. La scelta della forma epistolare per la divulgazione del proprio pensiero filosofico non è senza precedenti perché era stata già compiuta da Platone ed Epicuro. Lucilio era un amico, poeta e politico, e le lettere a lui rivolte non sono state ideate per una conversazione privata: erano già ideate in origine per una pubblicazione, infatti il rapporto tra i due è squilibrato, non sono due interlocutori alla pari, Seneca è il maestro. Si trovano intrecciati eventi quotidiani e temi morali elevati: è da piccoli eventi che nascono riflessioni più generali. Dato che Nerone non credeva al desiderio di Seneca di vivere appartato, occorreva dare un messaggio di speranza e di forza morale e questo emerge dalla corrispondenza con Lucilio. Allontanandosi dalla vita pubblica, dalle ambizioni e dal potere Seneca si sentiva purificato è più vicino alla sua condizione di filosofo. Tra i vari temi notiamo l'interrogativo di perché l'umanità comune vivesse per dei beni falsi, delle illusioni effimere, non giungendo a conoscere quelli autentici dai quali può derivare la vera felicità. Il bene sommo che garantisce la felicità eterna è la ragione perfetta. Ovviamente temi su cui Seneca torna sistematicamente sono tempo e morte e dare un senso alla morte equivaleva a dare un senso alla vita stessa. Per quanto riguarda lo stile sembra che gli orizzonti intellettuali di Seneca si amplificano. La scrittura è varia, è uno stile che tende a emozionare fatto di antitesi, anafore, interrogazioni. È sicuramente uno dei più grandi capolavori della letteratura latina e rappresenta la sintesi del pensiero di Seneca., la sua esperienza di intellettuale e di uomo.


STILE


Lo stile di Seneca è stato definito postclassico rispetto al modello come Cicerone: la sua era una sintassi nervosa, movimentata e dunque più moderna. Rispetto ai grandi classici le frasi sono più brevi, la subordinazione è vietata, la frase segue gli sbalzi del pensiero e dunque Seneca molto spesso tende a sorprendere il lettore con salti di pensiero e variazioni. Sono numerose le antitesi, personificazioni, domande retoriche e immagini ed inoltre tende ad usare le clausole rimiche (sequenze metriche fisse di brevi e lunghe) ponendosi a metà strada tra verso e prosa. L'intento di Seneca è quello di affascinare gli ascoltatori prima seducendoli e poi convincendoli con le argomentazioni.



TRAGEDIE E TEATRO


Seneca realizzò 10 tragedie, le uniche della letteratura latina che ci sono giunte per intero. 9 sono tragedie coturnate, di argomento greco, la decima, Octavia, l'unica pretexta, di argomento latino, che ha per oggetto la morte infelice di Ottavia, figlia di Claudia e prima moglie di Nerone. Il poeta è capace di comporre versi di grande intensità percorsi da una vena oratoria che li rende grevi. In quel periodo la scrittura di drammi era un'attività in voga tra l'aristocrazia colta sia come esercizio letterario sia come forma di opposizione al potere, e per Seneca non erano un esercizio letterario, completavano invece il suo pensiero stoico. Nelle tragedie si assiste allo scatenamento delle passioni che Seneca diceva di controllare, dunque le situazioni della tragedia sono spinte fino al limite della ferocia e della follia. Uno dei temi tipici è il furor, follia e violenza che oscurano la ragione dell'uomo e lo spingono a compiere azioni spaventevoli. Gli eroi tragici di Seneca sono l'opposto del sapiente stoico in quanto sono dominati dai loro impulsi. A livello di stile il modello di Seneca era Euripide, infatti Seneca faceva uso della contaminatio cioè fondeva in un'unica opera elementi della trama di tragedie diverse.


Un personaggio ricorrente è il tiranno, concentrato di ogni infamia, probabilmente menzionato nei testi perché Seneca voleva ammonire Nerone a non seguire esempi così odiosi. Seneca porta le situazioni fino all'estremo limite dunque il suo linguaggio è cupo, violento e macabro perché questi drammi sarebbero le semplificazioni in termini poetici dei vizi che Seneca combatteva. Non si sa se queste tragedie fossero destinate al teatro perché si tratta di testi poco teatrali, poco dinamici. Sono tragedie dense di immagini e metafore, divagazioni e descrizioni che creano momenti di grande maestria letteraria. Seneca riesce a delineare luci e ombre e trasmettere il pathos. La forza di queste tragedie non sta nell’elevatezza dello stile, ma nella capacità di delineare la psicologia dei personaggi con un accurato studio dell'anima umana. Offrono dunque modelli importanti per il teatro successivo. Tra le tragedie ricordiamo


Medea ripudiata da Giasone si vendica uccidendo la promessa sposa del marito e i due figli,


Fedra moglie di Teseo e matrigna di Ippolito che si innamora del figliastro e non accetta la sua reazione violenta, Dunque decide di accusarlo di averla violentata. Teseo maledice il figlio che viene ucciso da un mostro marino. Fedra distrutta dal senso di colpa confessa e si toglie la vita.


Edipus che riguarda le indagini per cercare il colpevole dell'uccisione del sovrano e sarà l'ombra del defunto a svelare la verità in quanto il suo assassino è proprio l'ignaro Edipo, suo figlio che ha sposato la madre Giocasta. Edipo si acceca.


 


APOKOLOKYNTIOSIS


L'Apokolokyntosis appartiene al genere della satira menippea, è un misto di prosa e di versi di spirito satirico. Fu scritta dopo la morte di Claudio ed è una presa in giro del defunto imperatore, Seneca poteva deriderlo senza problemi. Nel breve testo Claudio si avvia verso il cielo convinto di essere ammesso tra gli dei, siccome zoppo e balbuziente gli dei si stupiscono che un simile individuo bussi alla loro reggia e lo condannano a essere confinato nell’ ade. Passando per Roma assiste ai suoi funerali e vede il popolo in festa per la sua morte: è condannato per i suoi crimini anche tra le ombre dei morti, ed è costretto a giocare a dadi per l'eternità con un bossolo in modo tale che il colpo non possa mai essere tirato. Compare Caligola che lo reclama come suo schiavo e viene poi affidato come servo al liberto menandro. Claudio da morto diventa lo schiavo di un suo Liberto.


Se prima questi libelli circolavano in segreto come satira del potere, quello di Seneca fu scritto col favore della corte contro un nemico uscito di scena. Fu una vendetta privata del filosofo che utilizza una lingua mista di termini colloquiali appartenenti alla lingua d'uso ed espressioni e passi solenni attuando una parodia del linguaggio. Forse quest'opera non fa onore a Seneca perché la vendetta non è un atteggiamento molto filosofico, la via della saggezza Seneca doveva ancora percorrerla fino in fondo.

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